sabato 22 marzo 2008

Caro Presidente del mio Paese...

L'altro ieri ho sentito per radio la dichiarazione che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rilasciato in Cile durante una conferenza stampa. Questa è la sua dichiarazione:

"Sentiamo che c'è una difficoltà di comprensione della politica: c'è il distacco, c'è anche un elemento di pregiudizio - sia chiaro - nei confronti della politica, abbondantemente inoculato anche da cose che si leggono qua e là e che rappresentano il Parlamento, diciamo, come una specie di corporazione di fannulloni avidi. Se questo è il Parlamento, forse ci sarà chi penserà - voglio sperare, non l'autore di quegli articoli - che il Parlamento tanto vale chiuderlo."

Cinque minuti fa ho spedito al Presidente della Repubblica la lettera che allego qui sotto:

Caro Presidente del mio Paese,
L’altra mattina ho sentito per radio la Sua dichiarazione dal Cile sulla disaffezione che gli italiani sembrano maturare nei confronti della politica e delle sue istituzioni. In quella dichiarazione Lei sosteneva che ci sono persone che disegnano i parlamentari come una “corporazione di fannulloni avidi” e qualcuno potrebbe anche pensare, per questo, che il Parlamento tanto varrebbe chiuderlo. Ora, evito il solito tono da imbalsamato rispetto con cui la gente si rivolge a Lei che tutto sembra tranne il comunicare con una persona in carne ossa e cuore e arrivo subito al dunque. Io trovo che Lei sia riuscito con questa dichiarazione a toccare la superficie di un problema molto grave perdendo l’occasione di dire qualcosa di storico. La Sua frase è un involucro attraente che non contiene nulla. E’ ovvio che pensare di chiudere il Parlamento sia qualunquismo, ma non è altrettanto evidente che il riportare un pour parler da bar (“corporazione di fannulloni avidi”) come fondamento di una reazione qualunquista (chiusura del Parlamento) sia anch’esso qualunquismo? E’ possibile che Lei, come mio Presidente, non entri nel merito delle cose? E’ possibile che si lasci ingabbiare da questo ruolo istituzionale del “meno dico e meglio è” e non esprima un solo giudizio sull’evidente ingiustizia che ogni giorno ci viene propinata come politica? E’ giusto secondo Lei che i Parlamentari italiani siano tra i politici più pagati d’Europa? E’ giusto secondo Lei che i Parlamentari italiani maturino in pochissimo tempo pensioni imbarazzanti? E’ giusto secondo Lei che i Parlamentari italiani e relativi parenti godano di privilegi che il cittadino nemmeno si sogna? Lei pensa che questo sia qualunquismo o un problema reale? E se pensa che sia un problema perché non ne parla con la giusta dose di incazzatura che mi aspetterei dal massimo rappresentante del mio Paese? Io trovo che sia semplicemente una vergogna. E Lei anziché entrare nel merito della questione cosa fa? Parla di “comprendere le ragioni di disaffezione e di disincanto per gettare un ponte di dialogo soprattutto con le nuove generazioni". Ma di cosa sta parlando? Prima di pensare alle nuove generazioni pensi alle persone che tra pochi giorni saranno chiamate ad onorare il rito della democrazia con il proprio voto e provano una senso di disgusto verso chi da decenni siede in Parlamento ed oggi, sui cartelloni pubblicitari, propone progetti che in tutti questi decenni non è stato in grado di realizzare. Obiettivamente, è serio tutto questo? E’ serio farsi rappresentare da una classe politica che ha permesso si verificasse una situazione come quella della spazzatura a Napoli, la sua città? E’ serio farsi rappresentare da chi, nel tempio della laicità di uno stato laico, il Parlamento, dice che si fa ispirare nelle sue scelte di voto da una religione? E’ serio farsi rappresentare da chi ad ogni referendum propone il mare come alternativa possibile? E’ tutto sotto gli occhi di tutti, Presidente. Anche i Suoi. Queste sono le curiose ragioni di disaffezione, non il risultato di qualche articolo sopra le righe. Sa cosa penso io? Penso che la rappresentatività sia un concetto molto semplice: per diventare rappresentativo della società italiana il Parlamento dovrebbe quantomeno essere un campionamento fedele della società stessa. Le pare che il nostro Parlamento lo sia? Non le sembra anormalo che nel mio e nel Suo Paese le donne non rappresentino il 50% dei parlamentari ma una timida proporzione da riserva indiana? E se è vero che la percentuale dei lavoratori precari o a tempo determinato è ormai enorme, dove sono in Parlamento? E se gli stipendi dei parlamentari fossero calibrati sulla mediana (badi bene, la mediana non la media) degli stipendi italiani, non sarebbe più onesto?
Il vero beneficio al mio e al Suo Paese può venire solo da scelte che colpiscono al cuore questo sistema che prende in giro le stesse persone che lo finanziano: noi. In molti stati europei tutto questo è norma e non follia qualunquista. Si esprima pubblicamente su questo, Presidente. Parli di ciò che è reale, di ciò che lei sa bene, di ciò che questo Paese sente. Un’ultima cosa: quando era Presidente della Repubblica Sandro Pertini io ero piccolo però mi piaceva quando parlava in televisione e capivo quello che diceva perché le stesse cose le dicevano a casa i miei genitori. Si arrabbiava se c’era da arrabbiarsi e dava la sensazione di sentire quello che succedeva in Italia. Faccia anche lei così, Presidente. Si arrabbi, perché se non lo fa Lei oggi, domani lo farà qualcun’altro e sarà tornare al buio della violenza che non sente ragioni. Un saluto da chi la considera, prima di tutto, una persona che vive e sente questo Paese.
PS: se Lei o chi per Lei leggesse questa mail e volesse rispondere con modelli precompilati o con frasi rassicuranti e paterne, per favore, lasci perdere. Non mi risponda perché non ho bisogno di questo.

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