martedì 6 novembre 2012

Solo qualche parola per te

Educato è l'autunno
Nei piccoli freddi
Che graffiano il viso

Elegante è il tempo
Che cambia i colori
Senza fare rumore

Studio ancora
Perché mi piace

Studio ancora
Perché tu
Me lo lasci fare

Ed ogni tanto
Mi capita di sentire la musica
Ogni tanto l'arrivo del mattino

L'aiuto
È un mantello leggero

Dove non c'era nulla
Ora c'è qualcosa
Che amavo da tempo
E il cuore si muove
In modo minore
Perché la gioia
Non è solo nel sorriso

Tu questo lo sai bene

E mentre io cerco
In ciò che è lieve

Tu

Mi lasci
Essere
Felice

lunedì 5 novembre 2012

Panem et Sdegno

Un tempo si teneva buono il popolo facendolo divertire. Oggi, saturato il canale ludico per eccesso d'infiltrazione seriosa - mai visto niente di più noioso delle trasmissioni con i "professionisti" della cronaca calcistica - si preferisce battere nuovi terreni. Ed è in questa esplorazione di terre vergini che, voilà, si inciampa in una scoperta inattesa

Se vuoi evitare che la gente si arrabbi
Coltiva lo sdegno

Ed ecco, la sera, nel dopocena, ove i succhi gastrici dovrebbero servire ad altro, che si assiste al fiorire del programma di approfondimento politico.
Da bambino, ricordo che la tendenza era quella del dire il meno possibile, tacere, nascondere. Gli intrecci politici e i vizi privati erano cibo per pochi. Si respirava l'aria della "stanza dei bottoni", delle decisioni prese "ai piani alti" perché tu, comune mortale sempliciotto, non dovevi sapere. E dato che la politica si basa sul consenso...
Ma oggi è esattamente il contrario. Se vuoi che le persone non si arrabbino è sufficiente bombardarle di notizie "riservate", mettere tutto in piazza, sputargli in faccia che i loro soldi non solo vengono usati per costruire ospedali che marciranno vuoti o per costruire strade che non porteranno mai da nessuna parte, ma servono anche a qualcuno per comprare ostriche, case e puttane. 
Ti piace questo? No? E come si fa se non ti piace? Semplice: anziché tenerlo nascosto te lo raccontano ma non una volta, tante, tante volte. Sempre la stessa storia con le stesse persone che dicono la stessa cosa. Te lo sbattono in faccia a reti unificate ed intorno a loro, in studio, l'atmosfera sarà tranquilla e distaccata. Come se stessero parlando di qualcosa che non li riguarda, il presentatore ed i giornalisti faranno domande pacate, il pubblico ascolterà mansueto e gli ospiti, con garbo, risponderanno senza sottrarsi. Politicamente corretto. L'educazione prima di tutto.
Una cosa però è importante: lo spettatore deve maturare a casa una crescente sensazione di sdegno. Questa è la nuova droga che oltre a generare dipendenza ed essere spacciabile legalmente ha un altro fantastico effetto: lo sdegno prolungato disinnesca la rabbia. Ma non è pericoloso? Ma no! Pensa che bello: dare il piacere a milioni di telespettatori di poter esprimere giudizi sacrosanti e sempre condivisibili. Parleranno tutti di "ladri", di "scandali", diranno che è "intollerabile", che siamo "al limite". Lo diranno. In casa, in ufficio, al bar, eccoli lì incastrati nei loro tempi di vita ben scanditi. Formiche che si incontrano accidentalmente per scambiarsi qualche chimico segnale: sei mio amico o sei mio nemico? Con poca fatica - per carità! - si sentono dotti in pochi minuti e possono finalmente parlare con brillante sicumera di cose che non conoscono con un magnifico, incontenibile, divino e benedetto senso di SDEGNO! Questa è libertà! 
E non importa se nel tuo paese è possibile essere condannati e contemporaneamente rappresentare lo Stato, non importa se i risulati referendari sono carta da macero, non importa se i conflitti d'interesse sono la normalità e l'infrazione delle leggi è considerata peccato veniale se non chiaro segnale d'intelligenza. E non importa se il politico di turno che gode di privilegi infiniti in questo esatto istante mi sta spiegando dalla sua poltroncina quanto sia pieno di ingiustizie questo paese.
Tutto questo non conta perché poi, i fedeli telespettatori finiscono di lavorare, mangiano qualcosa, si fumano una sigaretta e si guardano ancora un po' di tv. Perché l'importante per loro è essere informati. Per altri l'importante è evitare che stacchino gli occhi da quel vetro luminoso.

mercoledì 8 agosto 2012

Alex Schwazer: per chi dimentica

Ieri ho scritto un post su Alex Schwazer e sul fastidio che provo tutte le volte che vedo esercitare l'unica disciplina di cui sono capaci certe persone: il lancio della prima pietra. E se il colpevole non è un potente, meglio! Dagli al mostro, dai! In questo modo fai bella figura di fronte all'opinione pubblica e non rischi nemmeno il posto.
Quindi, dato che oggi vedo già tanto repentini quanto ruffiani cambi di tono, mi permetto di postare qui sotto tutte le prime pagine dei quotidiani che ieri hanno giocato amabilmente al tiro al piccione. Non sia mai che un domani ci si dimentichi di loro.
Ancora complimenti vivissimi per la prova di grande e coraggioso giornalismo d'inchiesta.









Il Giuda olimpico che ha tradito l'Italia!
Questo vince la medaglia d'oro di tiro con pietra.
Mano sul petto e vai con l'inno.

martedì 7 agosto 2012

Alex Schwazer e i Fascisti su Marte

Oggi vorrei esprimere il mio giudizio sulla vicenda di Alex Schwazer, positivo all'epo ergo dopato. Posto che doparsi è cosa sbagliata e doparsi per le olimpiadi è cosa anche molto stupida, la cosa che trovo davvero fastidiosa è la tragedia greca che sta montando l'informazione e tutti i mega-capi dirigenti dello sport italiano. Ok, Schwazer ha sbagliato ma trattarlo come fosse un mostro comincia a sembrarmi un po' eccessivo.

Ciò che sto notando in queste olimpiadi è l'estensione mediatica del modello gladiatorio-calcistico a tutti gli sport. Appena becchiamo una medaglia la RAI inizia a trattare degli sportivi - anonimi fino ad un attimo prima - come fieri e prodi, miglior espressione di questa Italia mai doma. E si arriva ad autentiche perle da immaginario guzzantiano quando, ad esempio, si vede la squadra statunitense del tiro con l'arco, whatzammerica fighi e scultorei, confrontarsi in finale con i nostri tre gaudenti e panzuti che sembrano usciti da un hotel di Rimini a pensione completa. Basterebbe questa sfida impossibile tra Mazinga e Ratman per godersi la vittoria e invece no, appena vincono gli italiani inizia l'ode da Fascisti su Marte che li bolla con retorica ineffabile come "I nostri eroi!"...

Ecco, in questi giorni ho assistito proprio alla rivisitazione dei giochi olimpici (ripeto: g-i-o-c-h-i) in salsa Istituto Luce, dove se vinci sei una gloria a cui la nazione deve guardare come fulgido esempio, se perdi sei una "delusione", un reprobo ed un vergognoso nessuno. E se poi ti dopi sei un indegno che insozza l'italico tricolore. Che la cosa prendesse una piega di questo tipo l'avevo già subodorato durante la sfilata della cerimonia iniziale. Tutti i paesi entravano con gli atleti e qualche funzionario nelle ultime file. Arriva l'Italia et voilà, dietro la bandiera chi c'è? Uno squadrone di sessantenni stempiati che ti fa pensare: "Ma non è che la squadra italiana è po' fuori forma?" e solo dopo capisci che sono i dirigenti. Mica possono stare dietro loro, eh!


Il segreto italico è tutto nella gioventù

E' per questo che oggi mi danno fastidio queste grida scandalizzate verso Schwazer. Si è bombato? Ok, lo si punisce. Ma sbatterlo in prima pagine al pari di un assassino mi sembra un tantino eccessivo. La scusa è che un atleta olimpico deve rappresentare un esempio per i giovani e qui torniamo a quella che secondo me è una classica minchiata autoreferenziale, ennesima dimostrazione che meno conti e più devi convincere il mondo che il tuo ruolo sia fondamentale per la vita del pianeta. Siamo onesti, quanti di noi la mattina si svegliano facendosi ispirare dalla Vezzali o dalla Pellegrini? Io no, anzi, posso dire che degli atleti olimpici - vincitori e non - mi interessa tanto quanto mi potrebbe interessare la vita di uno sconosciuto scelto a caso sull'elenco telefonico di Cuneo. E la dimostrazione - diciamo una delle tante - che nel nostro paese c'è qualcosa di strano è che tutti i giornali oggi dedicano molto più spazio al tiro al piccione sul ragazzo di Bolzano - a dire il vero, più famoso perché dopo aver munto le vacche si abbuffa di Kinder Pinguì con suo fratello - anziché parlare di tutti gli altri ragazzi che ieri hanno vinto una medaglia. Ma si sa, da noi fa sempre piacere trovare qualcuno da lapidare e più è innocuo il lapidato più sarà cruenta ed esemplare la sua lapidazione.


Lo sguardo del temibile mostro

Andiamoci piano con il creare mostri prèt-a-porter. La vera punizione per Schwazer arriverà nei prossimi mesi ed anni, quando la sua carriera, la sua popolarità, la sua esistenza di allenamenti e rinunce si rivolteranno contro di lui ed il suo nome resterà per sempre associato ad un solo e semplice stupido gesto. Per me è una pena sufficiente e le reazioni di questi angeli ed arcangeli che vivono lo sport da dietro una scrivania e sparano pesante solo quando non corrono alcun rischio, mi fa anche un po' schifo. Almeno Alex Schwazer una medaglia bella e d'oro l'ha vinta. Questi signori, invece, mi sa che non hanno vinto né vinceranno mai niente.

mercoledì 18 luglio 2012

L'incantesimo dei 40 anni

L'incantesimo vuole che il raggiungimento dei quarant'anni sia costellato da bilanci, riflessioni e sagge deduzioni su ciò che si era, ciò che si è e ciò che si diventerà. D'un tratto ci si ritrova circondati da gente che ti chiede con tono grave "Allora, come ti senti?" e tu, assumendo possibilmente la stessa aria derelitta, dovresti fornire una risposta degna della situazione. Non importa se seriosa o ironica, l'importante è che sia di pari rassegnazione in modo da riconoscere alla domanda - e quindi al domandante - un certo grado di autorevolezza. Guai a rispondere al gruppo dei depressi "Benissimo! Praticamente come negli ultimi 39 anni". Suvvia, che mancanza di delicatezza verso chi soffre!

Questa è proprio una cosa che non capisco. Molte persone passano la vita immaginando che il tempo sia una specie di autobus su cui uno sale ed attende di essere trasportato da qualche parte. C'è la fermata della scuola, del lavoro, del fidanzamento, del matrimonio, dei figli, della pensione, del riposo e alla fine scendi. Situandosi i 40 anni con frequenza statisticamente significativa - a queste latitudini - più o meno alla metà di tale percorso, l'approssimarsi del fatidico quarantesimo anno è vissuto come il più classico dei giri di boa. C'è chi si guarda con insistenza allo specchio, c'è chi fa discorsi d'impronta biblica, c'è chi si auto-convince di essere più saggio, c'è chi si iscrive ad un corso di ballo latino-americano e c'è chi acquista pantaloni rossi (NB: per tutta la vita non li hanno mai considerati ed ora ne sfiorano il tessuto come fosse prezioso arazzo chiedendo a bruciapelo "Come mi starebbero?". Nessuno gli risponde e loro sono già alla cassa con l'orrendo trofeo). Non tocchiamo poi il tasto dei "ritocchini" estetici. Non si capisce, infatti, come sia possibile che donne e uomini dotati di budget consistenti ed ancora vaghi segnali di intelligenza si facciano ritoccare per raggiungere siffatte sembianze. I casi sono due: o su GroupOn si vendono sconti comitiva o tutti vanno dallo stesso chirurgo che usa come modello estetico un alieno fuggito dall'Area 51. Non posso credere che per così tante donne l'alieno sia un esempio di bellezza eppure perseverano tutte nel diventare equamente orribili. In modo più o meno latente, si rileva in queste manifestazioni la tendenza ad un blando tentativo di ribellione. Inizia la strenua resistenza a questo autobus che non vuole rallentare.

Analizziamo razionalmente ora il (falso) problema. Personalmente credo che preoccuparsi per l'approssimarsi di una certa età sia il segnale che l'incantesimo sta funzionando. E l'incantesimo ti fa credere che il tempo si sviluppi in due versi: da un lato si chiama "passato" e dall'altro "futuro". In mezzo ci siamo noi cioè il "presente", here and now.

Posto che il passato esiste, sul futuro ho seri dubbi. Cos'è "futuro"? Immaginare che domani mattina farò colazione come questa mattina? Immaginarsi tra 10, 20, 30 anni e ritrovarsi con carni flaccide, flatulenza incontrollata e la libido di un papera di gomma? Esatto. Il futuro è solo ed esclusivamente "immaginare". Nessuno di noi sa quanto durerà il proprio tempo - cioè la parte che dovrebbe stare a destra del punto "presente" - e, nonostante ciò, mentre i bambini ed altri mammiferi si godono quel tempo provando più cose possibile nel qui e ora, gli adulti perdono quel tempo pensando quanto tempo gli resti dal qui e ora. Anziché essere felici per aver fatto qualcosa o per avere ancora la possibilità di farla si rendono infelici nel pensare che il lato destro del loro presente, cioè il loro ipotetico (ed inesistente) futuro, si sta assottigliando.

Risultato? Si diventa insopportabili. Quindi? Vecchi. In sostanza, la correlazione strettamente positiva che si misura tra tempo che passa ed attitudine a "frantumare-in-piccoli-pezzi-i-maroni-altrui" (in questa grande classe rientrano: aumenti d'ansia, paure ingiustificate, eccessi di protezione verso terzi, assenza di piaceri, assenza di curiosità, assenza di contatto con l'attualità e progressiva involuzione verso uno stile di vita grigio e mesto) non è, necessariamente, una relazione causale ma un effetto determinato dalla convinzione che debba essere per forza così. C'è anche da dire che se per tutta la vita hai pensato che l'esistenza fosse solo il passare del tempo, beh, te la sei andata a cercare e adesso tieniti il tuo merengue e i tuoi pantaloni rossi.

Chiarito, dunque, che non ho pantaloni rossi nell'armadio, che ballo solo in contesti privati e solo passi di mia invenzione, consiglio a tutti i quarantenni infestati da mosquitos di pari età di vederla così. Esiste un generatore di passato che si chiama presente. Se ti diverti oggi, domani penserai che ieri è stato divertente e starai bene. Se smetti di ascoltare quella massa di gnù che attende il quarantesimo anno di età per sentirsi Mosè e continui a fare quello che oggi ti appassiona, domani sarà pieno di ieri che ti faranno stare bene. E - non ne ho ancora le prove ma ne sono abbastanza sicuro - l'effetto di tanti ieri divertenti è super-additivo cioè il risultato totale è molto di più della somma delle sue parti. In sostanza, non frantumerai i maroni altrui attendendo che qualcuno diventi insopportabile e poco interessante quanto te e qualunque cosa sia il "futuro" sarà una cosa bella. E tua. Amen.

sabato 9 giugno 2012

Della musica "triste"

Il sempre-sul-pezzo Moreno (aka Emmecola) che instancabile scandaglia criticamente la Rete, mi manda il link ad un articolo su cui potremmo disquisire per decenni. I fatti in breve sono questi: due ricercatori - lo psicologo E. Glenn Schellenberg e il sociologo Christian von Scheve - hanno pubblicato un articolo sulla rivista Psychology of Aesthetics, Creativity and the Arts in cui teorizzano il progressivo "intristimento" della musica. Misurando il tempo e il modo dei brani più popolari degli ultimi 25 anni, hanno notato un progressivo calo del ritmo ed un sempre più frequente utilizzo del modo minore. A quale conclusione porta questa evidenza? En passant, è sempre interessante l'approssimazione che l'effetto "telefono senza fili" genera nell'informazione: se si legge l'articolo originale si deduce che la musica pop sta diventando sempre più composita nel contenuto emozionale, se si legge l'articolo del giornalista che riporta la notizia viene fuori che la musica pop è sempre più triste. Bah.

Ma torniamo all'articolo. A mio parere, nel lavoro ci sono due punti discutibili: la misura di popolarità attraverso Billboard introduce un'inevitabile distorsione legata al gusto anglosassone - se è vero che il grosso della produzione musicale oggi è in inglese, è anche vero che non si tiene in considerazione un'enorme fetta del mercato musicale rappresentata dal mercato latino o asiatico - inoltre, non è detto che il tempo ed il modo catturino bene il "tasso di minore allegria" del brano: ci sono generi molto veloci che non sono per niente allegri e generi lenti che non sono per niente tristi. Inoltre, il modo minore usato in un certo contesto musicale non necessariamente ti fa piangere sulla spalla del vicino: molti brani trance hanno parti in minore e non mi sembra che i rave siano luoghi di contrizione e mestizia.

Specificati questi aspetti ed usando tutte le pinze del caso, cosa sta succedendo alla musica? E' molto difficile esprimere delle opinioni di carattere generale ma il risultato, tutto sommato, non mi sembra così sorprendente. Andiamo con ordine e stabiliamo subito tre principi:
1. "Musica non allegra" non vuol dire "musica triste"
2. "Musica allegra" non vuol dire "musica che ti mette allegria"
3. "Musica triste o allegra" non vuol dire "musica che ti fa star bene"
Questi tre principi sono necessari per evitare almeno di cadere in tentazioni di semplificazione da bar del genere: la musica è meno allegra perché i tempi sono più tristi. Ovviamente è una banalità perché basterebbe pensare alle hit e ai balli in auge nei periodi di guerra per capire che se il periodo è di per sè triste forse la gente preferisce ascoltare e ballare cose allegre. Dunque?

Per cercare una spiegazione al fenomeno, bisognerebbe considerare, a mio parere, altri due aspetti molto importanti: il cambiamento delle modalità di fruizione della musica ed il cambiamento delle modalità di produzione. Molti anni fa, la musica svolgeva una funzione quasi esclusivamente sociale. Le persone ascoltavano musica quando stavano insieme e i mezzi che la trasmettevano - dal juke-box ai locali fino alle stesse radio - svolgevano egregiamente questa funzione. E' abbastanza semplice immaginare che se la musica si ascolta in una dimensione sociale, la stessa musica venga utilizzata dal gruppo per attività sociali come il ballo. Ciò che è accaduto negli ultimi anni è un fenomeno abbastanza evidente ma poco riconosciuto: la portabilità della musica. E' vero che il walkman, il lettore cd e il mini-disc hanno innescato il fenomeno ma è anche vero che dalla loro non avevano capacità paragonabili al più piccolo lettore mp3 di oggi. Progressivamente, quindi, la musica ha cominciato a trasformarsi dalla "cosa speciale" che si ascolta in un posto particolare alla "cosa speciale" che si ascolta ovunque ma, soprattutto, da soli. E' evidente che perdendo la sua dimensione sociale, la musica ha perso anche la sua funzione sociale, trasformandosi da prodotto da ballo (finalizzato alla produzione di sudore o, nel caso dei lenti, alla gran-pomiciata-royale) a prodotto custom, personalizzato sul proprio umore e gusto.

All'interno di questo cambio di destinazione funzionale, anche la produzione musicale ha subito una grande mutazione che, a differenza di quanti pensano, non sta nella facilità di composizione - fare musica fatta bene resta difficile anche con l'elettronica - ma in una caratteristica ben precisa: l'abbatimento dei costi. Oggi, ottenere prodotti qualitativamente accettabili e farli ascoltare al mondo costa drammaticamente meno rispetto a qualche anno fa. Questo aspetto è rilevante per la nostra analisi perché con l'abbassarsi dei costi una miriade di piccoli produttori sono apparsi sul mercato facendo crescere la competizione a livelli mai visti prima. E quindi? Quindi, oggi, devi produrre musica mettendoti in testa che il destinatario finale potrebbe non voler necessariamente ballare ma magari solo godersi un mood malinconico in metropolitana tra Molino Dorino e Precotto. Allo stesso tempo, però, devi riuscire a produrre qualcosa che entri subito perché il tempo è poco ed il rumore di fondo della concorrenza è altissimo.

La mia sensazione è che il trend decrescente in termini di tempo e crescente in quantità di utilizzo del modo minore non ci dica molto su un'ipotetica tristezza dei tempi - che come ho detto sopra mi sembra un po' una scemenza - ma ci dica moltissimo su come è cambiata la fruizione del prodotto musicale e come sia complesso l'ecosistema in cui gusti ed offerta cerchino un punto di equilibrio. Parlo di punto di equilibrio perché immaginare che il tempo dei brani possa scendere senza limiti è tanto inverosimile quanto immaginare che possa crescere senza limiti. Penso sia più appropriato considerare un corridoio di tempi in cui il gusto si muova liberamente e questo articolo ha fotografato solo una parte del trend, polarizzato dall'arrivo di due grandi cambiamenti: la musica su misura che si ascolta per stare soli e la musica che costa poco che, aumentando la concorrenza, obbliga a produrre brani che sopravvivano alla dura legge dello shuffling.

PS: Quest'analisi permette anche di spiegare il perché alcuni artisti sentano il bisogno di vestirsi con abiti fatti di bistecche di manzo e si ubriachino solo in presenza di fotografi.

martedì 17 aprile 2012

Antipolitica e mondo reale

Ieri il Presidente Napolitano sosteneva di non fare di tutte le erbe un fascio: bisogna estirpare il marcio ma non demonizzare i partiti. Da destra e da sinistra - ovviamente - sono arrivati elogi ma io mi stavo domandando: che significato ha un messaggio del genere? Voglio dire: di cosa stiamo parlando quando usiamo i termini "marcio", "demonizzazione", "partito" e "rispetto"?

Ho la sensazione che cercare di disinnescare un potenziale problema senza precisione nel linguaggio, ricorrendo a luoghi comuni e saggezza astratta quando la realtà è evidente a tutti nella sua tragica durezza, sia un tentativo inutile e pericoloso.

E' bene ricordare che, poco tempo fa - nonostante un debito pubblico fuori controllo ed evidenti segnali recessivi - c'era chi in televisione sosteneva che non correvamo nessun rischio. L'intervistatore accondiscendente passava subito ad un'altra domanda, magari sul dolce preferito, sulla squadra del cuore o sull'oggetto a cui il politico di turno era più affezionato e tutto prendeva un'altra piega. Che bei quadretti ci hanno regalato. Che lieti momenti di spaccato familiare ci hanno accompagnato dolcemente all'accogliente giaciglio. Tutto svaniva di fronte al volto umano della politica. Morbida ovatta mediatica dove il sentore di qualcosa che non andava c'era già ma perché rovinarsi la serata con la Gabanelli quando potevi divertirti con la Santanché, La Russa e Scilipoti? E, soprattutto, perché mai faticare per informarti quando persone così brillanti ed istruite ti dicevano esattamente quello che volevi sentirti dire?

Il tanto decantato "rispetto" verso la politica italiana era questo: un misto di anestetico televisivo, tirare a campare e una buona dose di chissenefrega. E dopo? Cosa ha incrinato improvvisamente questo "nobile" senso civico?

Dopo, sull'orlo del precipizio, un gruppo di tecnici ha sostituito il governo per manifesta inadeguatezza ed ora la stessa classe politica che ha contribuito a creare le ragioni del problema è ancora lì a difendere interessi particolari. Ed è qui che sorge spontanea la domanda: di quale demonizzazione e quale mancanza di rispetto stiamo parlando? Di chi è stanco di sostenere economicamente persone che si sono dimostrate incompetenti nel gestire la cosa pubblica? Di chi non capisce perché tutti debbano contribuire alla ripresa dell'economia tranne chi gode di privilegi e vitalizi? Di chi si vede controllati i movimenti del conto corrente quando i bilanci dei partiti non vengono nemmeno certificati? Di chi non capisce perché un'azienda con un buco di bilancio fallisce mentre un partito con un passivo di 43 milioni di euro usi lo stesso "buco" come ottima ragione per continuare a ricevere soldi pubblici? E' questa la tremendissima idea qualunquista ed anitpolitica che bisogna estirpare?

Faccio notare che queste domande non si riferiscono al "marcio". Il "marcio" infatti è un problema che dalla sua ha almeno un piccolo pregio: una volta individuato la legge permette di estirparlo. Intendiamoci, mi infastidisce molto sapere che il denaro pubblico venga usato per sostenere cerchi magici e rampolli dall'imbarazzante livello intellettuale, ma cosa dovrei pensare del privilegio garantito per legge? E, peggio, in un periodo di crisi senza precedenti, cosa dovrei pensare dell'attaccamento volgare e spudorato che i partiti mostrano proprio verso tale privilegio? Dovrei forse provare rispetto verso persone che sulla carte sono nostri rappresentanti ma che in realtà non danno nessun segnale forte di voler condividere gli sforzi?

Mi permetto di dare un consiglio al Presidente: anziché esortare la popolazione ad un astratto senso di rispetto verso i partiti sarebbe più apprezzabile esortare i partiti ad un realistico senso di rispetto verso la popolazione. Magari iniziando a sottometterli alle stesse regole che governano il mondo degli umani: tempo determinato, niente reati, controllo pubblico e valutazione dei risultati. Se questo poi dovesse portare alla chiusura di storici partiti... beh, nulla è eterno e probabilmente né l'evoluzione né l'inclinazione dell'asse terrestre ne risentirebbero.

sabato 31 marzo 2012

Shuffling

Piccole esplosioni gialle
i Siguor Rós in crescendo.
La primavera è ai lati della strada.
Ti conosco impertinente e irreversibile,
mia incosciente Bellezza.
Tu sei necessaria ed io appena sufficiente.
Ma ce la metto tutta
e raccolgo impaziente
il sapore di ogni tuo "Buongiorno!".
David Bowie fa inchinare la chioma dei ciliegi.
Privilegio e ignoranza dell'osservatore.
Resto a guardare per non infrangere
ciò che non chiede nulla.
Ora i Rage ad opporsi al vento
e dietro casa,
per un solo attimo,
un soffio di fiori in volo.

giovedì 8 marzo 2012

La Festa della donna

Se fossi una donna oggi mi sentirei alquanto infastidita. Da anni, ormai, il giorno della festa della donna è la chiara celebrazione dell'ipocrisia. L'atmosfera è quella dei grandi sorrisi e riti cortesi, dove l'uomo dona generoso tonnellate di mimose e la donna, con palpitante commozione - altrimenti l'uomo si offende - ringrazia.
E' innegabile che la situazione sia migliorata: molte più donne occupano oggi ruoli di potere ma basta questo per misurare una situazione? O, forse, dovrebbe pesare anche la statistica sociale che misura tassi crescenti di violenze domestiche, omicidi passionali e aggressioni per futili motivi (leggi "gelosia"). Non basta una bella insegna luminosa per qualificare un luogo e non basta un giorno all'anno per far sentire speciale una persona. Ed è proprio questo il problema: è meglio sentirsi in dovere di far sentire qualcuno speciale per un solo istante o farlo sentire uguale a te per sempre? Perché a me dà molto fastidio osservare questo gesto carino di regalare un fiore oggi, trasformarsi nel dileggio, nella prevaricazione e nella prepotenza domani. Se fossi una donna, sentirei questo giorno come il giorno crudele, quello in cui ti fanno vedere che si può essere gentili, che ci si può regalare attenzione reciproca, che si può essere persone con pari dignità. Ma dura un solo attimo perché, a mezzanotte, l'incantesimo finirà, svaniranno i cocchieri e le carrozze e resteranno solo mimose ad appassire in un bicchiere.

venerdì 24 febbraio 2012

Breve appunto autostradale

Mi piacerebbe sapere cosa passa nella mente di quegli idioti che in autostrada mettono sè stessi e, soprattutto, gli altri in condizioni di pericolo. Non è retorica, lo dico sul serio: mi piacerebbe capire cosa pensano quando sfrecciano oltre i limiti di velocità, quando ti sorpassano incazzati per guadagnare qualche metro e tornare in coda poco più avanti, quando ti mandano a quel paese perché hai commesso il grave torto di rispettare le regole. Dove correranno? Di che responsabilità si sentono investiti? Su quali destini del mondo saranno in grado di intervenire?
Io ho il sospetto che, tra le varie ragioni, vi sia una specie di fuga isterica dalla sensazione di essere un perdente. Come non approfittare della grande opportunità rappresentata dal casello con la coda più breve e per questo tagliare orizzontalmente tutta lo spazio stradale? O ancora, come lasciarsi sfuggire la possibilità di sfruttare i microspazi lasciati dalle auto in corsa e per questo zigzagare con traiettorie imprevedibili tra le corsie? Figo eh? Tutto fa brodo quindi per mostrare al mondo quanto siano in gamba questi assi del volante. Certo, magari non hanno tutto ciò che vogliono. Forse vivono in un perenne stato di rabbia, forse pensano che un giorno a forza di correre qualcosa cambierà e nel frattempo rischiano. Gli piacerebbe avere grandi responsabilità ma il mondo, questo mondo di mediocri lumache che si frappone tra loro ed il nulla, non li ha ancora capiti. E allora se lo inventano un ruolo, una sintomatica aggressività al volante che vorrebbe raccontare di posizioni di prestigio, di uffici operosi o di investimenti che non possono attendere. Non importa che sia vero, conta che lo sembri.
Eppure, provando un senso di totale indifferenza nei confronti di questi personaggi, talvolta mi domando come sia possibile che un essere umano dimostri tanta stupidità nel non considerare la potenza degli eventi infrequenti ma pur sempre possibili. Non basta essere abili piloti dai riflessi prontissimi se il mondo che ti circonda è governato dal vecchio e sempre caro caso. Per quanto mi riguarda, però, la cosa più fastidiosa non è avere a che fare con degli irresponsabili ma tentare di rispondere ogni volta a questa domanda: perché un deficiente ha il diritto di mettermi in pericolo?

giovedì 9 febbraio 2012

L'Era Glaciale

C'è sempre un aspetto divertente nelle cose. Come in un diabolico principio d'indeterminazione quanto più vuoi renderle gravi e drammatiche tanto più risulti ridicolo. I mezzi d'informazione, nel loro epico tentativo di rendere reale ciò che è già reale aggiungendo strati emozionali non necessari, riescono ad apparire estremamente comici. E allora ti vedi questi impavidi giornalisti fare le telecronache sotto la neve e - rigorosamente senza ombrello per dare un gusto più stoico a cotanto eroismo - collegarsi dall'ultimo e misterioso paesino dei monti abruzzesi come fossero al fronte sotto un bombardamento. Raccontano aneddoti da brivido ("Un imprenditore, sentiti dei rumori in cantina, vi ha trovato un cervo vivo!". Come tutti sanno, i rumori in cantina vengono prodotti generalmente da cervi deceduti), oppure di vita vissuta pericolosamente ("Ad un certo punto la nostra troupe si è dovuta fermare perché l'auto slittava nella neve e, come documentano le immagini, siamo stati costretti a spalare!". Mancava un "indomiti e fieri" e sarebbe stato perfetto per Fascisti su Marte). Fino ad intensi momenti di pura commozione ("I militari portano i pasti caldi agli anziani che commossi ringraziano" e dalle immagini si vede un signore che aprendo la porta e trovandosi davanti la telecamera resta fermo per circa tre minuti e poi la richiude).

Ma la vera chicca, la perla delle perle, il solitario che brilla di luce propria è il servizio di quel giornalista che, da un paese di cui lo stesso sindaco non è ancora convinto dell'esistenza, riesce a dire (NdA: attenzione che è roba forte, eh): "..ad un certo punto - come riportato da questo eccezionale documento - è piombato sulla strada un lupo che ha cercato di aggredire la nostra auto!" e dalle immagini si vede un lupetto che, mentre attraversa la strada, si volta e scopre d'improvviso che sta arrivando la macchina della poderosa squadra, si prende un accidente e scappa. Ma non è finita. Il neo-Stephen King aggiunge che mentre viaggiavano hanno visto - pensate! - un branco di lupi "aggredire un cervo e mangiarselo!". Ora, che i lupi non siano agnelli è riportato in diversi documenti anche molto antichi, che non pratichino il vegetarianesimo è scritto anche su Focus, ma di grazia mi chiedo, se un lupo avesse fame e si trovasse di fronte un bel quintale di carne cosa dovrebbe fare?

Ed, infine, eccoci arrivati all'apoteosi. Lei, la regina delle frasi ad effetto, quella che mette tutti d'accordo e riesce a fermare, in un attimo d'intensa coscienza, anche il più rumoroso ed efficiente risucchiatore di spaghetti serale: "Da questi cruenti eventi si evince come anche la natura si ribelli!". Ragioniamo un attimo: un lupo affamato che si mangia un cervo non è una cosa tanto strana, ma supponiamo che il lupo sia un Hare-Krishna, e per regolamento, non possa mangiarsi il cervo. Il lupo però, considerato che fa freddo, nevica, ha una fame boia e quel cervo gli sta pure antipatico perché gira voce nel bosco che sia un fetente, decide di mangiarselo lo stesso. La causa della sua fame è il clima che, fino a prova contraria, è un evento naturale, ergo: la natura (il lupo Hare-Krishna ed il cervo fetente) si ribella a sè stessa (l'evento climatico). Bah, non c'è più la natura di una volta... Grazie per questa indimenticabile pagina di cultura ed approfondimento.