sabato 12 gennaio 2008

Persone bizzarre

Conosco persone bizzarre. Nulla di loro attira l'attenzione, ma sono strane. I maschi tendono a restare abbastanza anonimi, le femmine invece spesso si riconoscono nel loro stato di non-divertimento e gradiscono condividerlo formando gruppi molesti e pigolanti di mal comune mezzo gaudio. Intervenire nelle discussioni di questi gruppi di auto-aiuto esistenziale senza farne parte è sempre molto rischioso: ogni cosa tu dica sei sempre inadeguato. "Parli così perché non sei sposato", "Ti comporti così perché non hai i figli", "La fai facile tu che non hai responsabilità" e via di questo passo. Generalmente amano parlare dei loro quasi-mariti o mariti conclamati come farebbero delle tutrici di invertebrati. Tutte eccitate si scambiano avvincenti aneddoti sulla pulitura dei vetri delle finestre e sui pranzi con suoceri e nipotini come se avessero appena corso in macchina - e vinto - contro Vin Diesel. Ma il massimo lo raggiungono quando parlano dei preparativi del grande evento: il matrimonio. Il matrimonio è visto come fosse un merito. Il raggiungimento dell'obiettivo. L'auto-evidente esempio di maturità conquistata. E in effetti quando si sposano qualcosa cambia. Svanisce in loro la voglia di piacere. E' come se il vincolo ufficiale diventasse l'unica ragione dello stare insieme. Prende il posto dell'attrazione reciproca e si assiste, anche da un giorno all'altro, all'imbruttimento progressivo. Io li vedo sui treni, sulle metropolitane, al lavoro questi mariti maleodoranti e queste mogli decadenti. Ma perchè si riducono così? Nei loro occhi non c'è più traccia di divertimento. Perché è passata l'idea che per essere persone adulte si debba smettere di divertirsi? Perché si pensa che la noia sia un inevitabile destino ed il sopportarla una virtù da coltivare? Ti guardano coi loro occhi vacui e ti parlano - quando ti parlano - con tono di paziente comprensione. Ti fanno vedere le loro foto delle vacanze nei villaggi turistici, ti raccontano aneddoti noiosissimi di vita vissuta e dopo un po' cominci ad avere il dubbio che il marziano sia tu. Se poi c'è una cosa che davvero mi innervosisce è l'album del matrimonio. Stanno lì, i due sposi, immortalati in pose napoleoniche mentre spuntano da un cespuglio oppure informali e gaudenti mentre lei ride e lui l'abbraccia con la passione di un attore porno che quel giorno non c'ha proprio voglia. E poi i bambini che la sposa guarda in previsione materna mentre loro, nani da giardino vestiti di bianco, si mangiano voraci i fiori degli addobbi. E poi non ho mai capito perché lo sposo si fa venire sfoghi da contaminazione radioattiva sul collo. Ma è possibile che proprio quel giorno debba decidere di andare dal barbiere che userà immancabilmente soda caustica come dopobarba? Ma tutto questo non è imbarazzante? E' possibile che si trovi bello un album dove due persone mettono in ridicolo i propri sentimenti riducendoli a caricatura? E' questo che vogliono ricordare negli anni a venire? La risposta, più o meno conscia, è sempre la stessa: "si fa perché lo fanno tutti". Che persone bizzarre.

domenica 6 gennaio 2008

La manutenzione del dire

L'altro giorno ero in autostrada ed ascoltavo una frequenza Rai. Ad un certo punto annunciano il collegamento con un colonnello che presiede qualche ufficio per il controllo viabilità autostradale. Questo parte e parla per un quarto d'ora liquidando la ragione fondante del suo intervento in una frase ("Per fortuna ha smesso di nevicare in Piemonte") per poi proseguire con gli avvertimenti da consumato pilota ("Se nevica consiglio di mettere le catene"), da tecnico sopraffino ("Con le gomme sgonfie la macchina va peggio") e concludere con quelli da minaccioso patriarca ("Raccomando vivamente che prima della partenza la macchina sia ben equipaggiata". Un estintore? Un cd di Biagio Antonacci? Una fiocina? Una porchetta col limone in bocca? Cosa cavolo ci devo mettere in una macchina perché sia "ben equipaggiata"?! Non l'ha detto...). E' stato estenuante. Non la smetteva più di ripetere le stesse cose. Questo colonnello poteva ridurre il suo intervento a quindici secondi esatti ma ha riempito il silenzio di nulla per quindici minuti. Io volevo sapere qualcosa sulla viabilità e alla fine ero concentrato - e preoccupato - su quanto fosse "ben equipaggiata" la mia auto. Il problema è che questo lo si può riscontrare sempre se si fa un po' di attenzione. Si è letteralmente immersi in un oceano di parole: dibattiti, approfondimenti, telegiornali, pubblicità... E tante più parole vengono prodotte nell'unità di tempo tanto più risulta difficile trovare osservazioni originali. Ma non voglio parlare di questo. Voglio parlare invece di un effetto secondario che mi sembra ancora più grave: a forza di usarla la parola è diventata il fine ultimo di sè stessa. Oggi se pensi che qualcosa sia sbagliato, se pensi che qualcosa non funzioni non ti devi preoccupare: qualcuno parlerà in televisione a lungo di qualcosa d'altro - magari in termini allarmistici - e tu ti dimenticherai presto del tuo problema. Se proprio non riescono a farti dimenticare il tuo problema ti dimostreranno che nel mondo esistono altri problemi più importanti, più gravi, addirittura irrisolvibili. E tu stai ancora a pensare al tuo problema? Si è ridotto il concetto di stato democratico a luogo dove è possibile dire ciò che si vuole e non di luogo dove si fanno scelte di interesse comune basandosi sulla volontà della maggioranza dei cittadini. Basta il semplice dire per fare respirare a tutti aria di democrazia. Non conta molto quello che tutti i giorni hai davanti agli occhi, non ti fa più arrabbiare quello che vedi, ciò che conta oggi è il sapere che qualcuno in televisione o sui giornali sta parlando di qualcosa. Per capillarità, come una membrana cominci ad assorbire idee che arrivano chissà da dove e quasi ti vergogni se non ti appassionano i particolari dell'ultimo delitto in famiglia già sulla bocca di tutti. Piano piano ti crei un senso civico che non è più tuo ma è perfetto per sorbire efficientemente questa informazione che alimenta se stessa. Questo genera un effetto calmante in chi ascolta: ci si sente al sicuro e parte di una stessa comunità che ride alle stesse battute, usa le stesse parole e si convince di sentire le stesse cose. E' sufficiente vedere in televisione gente dal linguaggio convincente per sentirsi in qualche modo tutelati, per pensare che senza dubbio c'è qualcuno che sta lavorando per noi ed avrà sicuramente la situazione sotto controllo.
Io credo che il difficile delle cose non sia parlarne. La parte davvero difficile è la manutenzione. Perché manutenere significa avere cura ed avere cura significa sentirsi coinvolti, far parte di qualcosa e quindi esserne responsabili. E la manutenzione del dire è il fare. Tu puoi presentarti come la persona più convincente del mondo ma se il tuo passato è costellato di scelte non fatte, problemi lasciati ammuffire, paure non affrontate per pigrizia o vigliaccheria, tutto questo non farà che di te una persona poco seria. Sotto la lente rigorosa del fare le parole si sbriciolano, persone magnetiche e dal linguaggio efficace si trasformano in miserabili e persone su cui non avresti mai scommesso nulla, magari solo per colpa della superficie e dell'apparenza, divengono degne della tua fiducia. Io cerco di fare ciò che dico perché lo ritengo un modo serio di comportarsi e perché mi fa sentire a mio agio col me stesso che mi ospita. E soprattutto è il miglior antidoto contro l'abitudine al degrado, alla supponenza ed alla miseria che ogni giorno vedo nel mio Paese che attende la fine dormendo sonni da tranquillante davanti alla tv accesa.