mercoledì 8 maggio 2013

42


We've come too far to give up who we are
So let's raise the bar and our cups to the stars
(Get Lucky, Daft Punk)


mercoledì 20 febbraio 2013

Elezioni Politiche 2013: Il giovane e il feticcio della competenza

È interessante osservare dall'estero la campagna elettorale e vedere come i partiti in fondo non abbiano ancora capito che qualcosa sta succedendo. Mi arrivano in continuazione volantini elettorali per votare questo o quello ed è divertente notare come le strategie elettorali per l'estero siano ancora rivolte ad un preciso tipo d'italiano. Forse gli spin-doctor dei partiti non hanno ancora notato che l'attuale emigrante non ha la capra in garage e le piante di pomodoro coltivate nella vasca da bagno e, cosa più importante, non se n'è andato dall'Italia chiagnenn'. Oggi una buona parte di coloro che abbandonano il Bel Paese ha titoli di studio e una gran voglia di andarsene.
Quindi, tornando al discorso iniziale, a forza di ricevere volantini in cui - oltre a "pizza", "mandolino" ed "orgoglio" - la parola d'ordine è "rinnovamento" ho pensato di fare una piccola analisi su una sola regione estera, la circoscrizione Europa. Qui sotto trovate il grafico delle età (sull'ordinata) dei candidati divisi per partito di appartenenza (sull'ascissa):


Ed ora gli stessi dati accorpati per Età Media (blu) ed Età Mediana (rosso):


Lo so, è un campione poco rappresentativo perché riferito ad una sola circoscrizione ma è pur sempre l'espressione di precise scelte politiche fatte da chi ha deciso quali persone rappresenteranno - intercettandone i voti - i cittadini italiani all'estero nell'area Europa. Che non è poi robetta.
Mi pare di notare che in generale i partiti non considerino molto l'età del candidato come indicatore di rinnovamento. In sintesi:
- I primi tre partiti che conquistano la palma di "partiti vecchi" nella circoscrizione EU sono il Movimento Associativo Italiani all'Estero (MAIE), il Partito Comunista (PC) e il Partito Democratico (PD) che presentano un'età media rispettivamente di 55, 53.1 e 52 anni;
- I partiti che presentano una spaccatura più netta tra "vecchi" e "giovani" sono il Partito delle Libertà (PDL), Sinistra Ecologia e Libertà (SEL) ed il Partito Comunista;
- Il partito che presenta il candidato più anziano è il PD (71 anni);
- Il partito con il candidato più giovane è Fare per Fermare il Declino (27 anni).
È interessante notare che i due partiti che mostrano l'età media più bassa - il Movimento 5 Stelle e Fare per Fermare il Declino - sono anche i due partiti più giovani anagraficamente visto che è la prima elezione a cui partecipano. È evidente che strategicamente questi due partiti sono gli unici ad aver compreso le nuove caratteristiche dell'emigrazione che, presumibilmente, nei prossimi anni tenderà a rafforzarsi sempre di più.
In particolare, il Movimento 5 Stelle è un caso a sè. Come si può notare è il partito con l'età media più bassa ma anche tra i più omogenei internamente, infatti per questa circoscrizione non presenta alcun candidato con età superiore ai 40 anni.
E qui, puntualmente, arriva la solita domanda: "ma la competenza?" Mi sono domandato più volte cosa volesse dire "competenza" in politica e devo ammettere che non sono arrivato ad una risposta soddisfacente. Escludendo dal discorso la cosiddetta "gavetta politica" che è una stupidaggine perché riguardardando un range di attività talmente diverse tra loro perde di significato (si va dall'attacchino di manifesti, al cuoco di salamelle fino ai portaborse e ai membri delle segreterie di partito), ho ridotto il campo a due possibili indicatori di competenza:

1. Attività pregressa in Parlamento
2. Studi inerenti la materia politica

Purtroppo entrambi questi indicatori portano a dei paradossi. La necessità di un'attività pregressa in Parlamento, per estensione, porterebbe alla massima garanzia di competenza solo in assenza di elezioni. In pratica, una volta entrati si chiudono le porte dei palazzi e da lì non usciranno mai più (...cosa non così distante dalla realtà).
Per quanto riguarda gli studi inerenti la materia politica il paradosso è che se così fosse il Parlamento si riempirebbe di avvocati, giuristi e notai che rappresentano tutto tranne la struttura reale del paese (...ed anche questa possibilità non è poi così distante dalla realtà visto il nutrito gruppo della categoria degli avvocati presenti in Parlamento).
È interessante notare come, cercando di confutare una tesi attraverso una reductio ad absurdum siamo arrivati a rappresentare con buona approssimazione la realtà del Parlamento attuale in cui prevalgono la resistenza all'uscita e la forte presenza di specifiche professioni solo parzialmente rappresentative della popolazione.
Aggiungiamo poi l'ultimo tassello: dato che la "competenza" si valuta solo in principio con degli indicatori ma poi sono i fatti a dimostrare se essa sia presente o meno, le persone teoricamente "competenti" del Parlamento italiano hanno dimostrato nei fatti, nonostante il rispetto dei due indicatori visti sopra, la loro reale incompetenza perché è sotto gli occhi di tutti lo stato in cui versa l'Italia. E proprio la loro resistenza all'uscita dal Parlamento li inchioda irrevocabilmente alle loro responsabilità.
In conclusione, io credo che in politica l'argomento "competenza" sia un feticcio, un qualcosa che non si comprende né si sa descrivere nei dettagli ma appena estratto fa paura e tutti smettono di pensare. Il Parlameto dovrebbe essere un luogo rappresentativo del Paese e non uno scoglio per cozze, quindi l'ingresso nei palazzi di giovani e "incompetenti" non dovrebbe essere vissuto come l'Apocalisse, anzi forse potrebbe essere un modo per uscire da schemi di potere che hanno dimostrato tutta la loro miseria. Giusto per stare tranquilli, l'ideale sarebbe fissare un limite massimo nel numero di legislature. In assenza di questo limite si determinerebbe anche per i giovani il perverso e tentatore "effetto competenza" secondo il quale non è la qualità dei tuoi risultati ma la capacità di trasformarti nel tenace mollusco bivalve di colore bruno a far di te un politico competente. Buon voto a tutti.

venerdì 15 febbraio 2013

Il papa e lo strappo nel cielo di carta

Ho atteso qualche giorno prima di scrivere questo post perché immaginavo di sentire qualcuno dire ciò che molta gente - credente o non credente - pensa. E invece, compresi i più razionalisti, non ho ancora letto nulla in merito. Ergo, provo a scriverci su qualcosa.
Posto che se un comportamento all'interno di una rigida struttura gerarchica si manifesta due volte nell'arco di sette secoli (e sette secoli di storia rendono il paragone un tantino ardito), forse un vago dubbio che quel comportamento non sia poi così normale potrebbe anche venire. Invece, noto che a partire dai politici fino ai personaggi che piacciono alla gente che piace è tutto un affannato e tranquillizzante pronunciarsi fin dal primo minuto sull'umanità del gesto ed il rispetto che merita. 
Io non nutro sentimenti astiosi nei confronti del papa anche perché penso che le autorità religiose siano persone come tutti noi solo vestite in modo curioso. Detto questo, cerco di mettermi nei panni di un "cattolico praticante" che vede un uomo assumere il ruolo di rappresentante di Dio e, grazie a questo ruolo, acquisire l'autorità di pontificare - mai termine fu più azzeccato - su qualsiasi cosa compresa la sfera privata delle persone. E tutto d'un tratto questa figura così autorevole dice... grazie e tanti saluti.
Okkei, è una persona anziana che è giustamente e comprensibilmente stanca, ma è anche il primo papa a memoria d'uomo moderno che porti l'investitura di un ruolo quasi-divino - e per questo difficilmente immaginabile come reversibile - a livello di una professione come tante altre da cui ci si possa dimettere a piacimento.
Che messaggio può mandare un papa dimissionario ad un cattolico praticante? Seguendo un ragionamento logico, che, se uno non se la sente più, si può dimettere da qualsiasi ruolo. E allora a questo punto, sempre seguendo la logica, che senso ha giudicare negativamente, ad esempio, chi si dimette dal ruolo di moglie o marito divorziando? Con un gesto del genere il papa più conservatore e severo degli ultimi tempi ha prodotto l'atto più progressista e rivoluzionario che un uomo potesse immaginare. È di fatto un liberi-tutti, è un accettare in prima persona testandolo sulla propria pelle che la vita non è una gara a premi né un percorso minato da regole e dogmi. Esiste il "fare" che ti fa sentire bene e non il "dover fare" perché altrimenti sarai un peccatore che brucerà all'inferno. Esistono le persone ed il loro essere fragilmente e meravigliosamente umane prima ancora che intransigenti giudici guardiani della fede.
La "realtà reale" di cui il prossimo papa dovrebbe tenere conto è che la gente oggi non dà molto retta a chi parla come se gli occhi ed il buon senso non fossero ancora stati inventati. Parlare dell'orrenda piaga rappresentata dal preservativo quando ci sono posti dove le malattie veneree, l'AIDS e la sovrappopolazione sono tra le principali cause di morte; parlare della tremenda colpa rappresentata dall'omosessualità quando all'interno del sacro vincolo del matrimonio si consumano quotidianamente soprusi e violenze; parlare di valori e moralità quando dentro la chiesa è emersa la più rivoltante realtà pedofila, tutto questo se reiterato porterà solo ad un ulteriore distacco perché una cosa sono i modelli ed un'altra è la realtà. Usare l'autorità e la superstizione per migliorare il fitting è un tentativo destinato a fallire miseramente.
La realtà è sempre più complicata dei modelli che cercano di descriverla e le persone oggi hanno tutti gli strumenti per rendersene conto. Se poi questi modelli si arrogano il diritto di essere anche immutabili beh, brutte notizie attendono chi li adotterà. Ciò che è accaduto - ed è accaduto anche se nessuno lo dice - è che questo papa dimissionario ha generato il più incredibile strappo nel cielo di carta della Chiesa. Se provi a guardarci dentro non troverai figure divine ma solo semplici uomini. E forse è meglio così.

martedì 5 febbraio 2013

Lo Space Shuttle e il Presidente

Il 28 gennaio 1986, poco prima di pranzo, ero a casa con la febbre. In televisione c'era Enrica Bonaccorti che conduceva il programma Pronto chi gioca? D'un tratto, la vedo ricevere una notizia da un cameraman e mettersi una mano davanti alla bocca. Era appena esploso lo Space Shuttle Challenger.

Ciò che veniva considerato una meraviglia tecnologica nonché l'orgoglio di un'intera nazione, dopo 73 secondi di volo, ora era solo riccioli di fumo bianco su sfondo blu. A seguito del disastro, venne istituita una commissione di inchiesta composta, tra gli altri, dal fisico premio Nobel Richard Feynman. Feynman dimostrò durante una seduta della commissione come sia possibile, con l'aiuto di un bicchiere d'acqua ed un anello di gomma, ridimensionare il mito di una brillante istituzione americana come la NASA che, in quella circostanza, aveva commesso un grave errore. E tutto ciò accadeva negli anni '80, cioè nel più vivido e luccicante edonismo reaganiano.




Ciò che è davanti agli occhi di tutti in questi giorni è l'esplosione in diretta televisiva non di un razzo ma di una banca, il Monte dei Paschi di Siena. C'è chi ha i razzi e c'è chi ha la storia. Essere la banca più antica del mondo non è poi una cosa così brutta ma, evidentemente, qualcuno ha pensato di distruggere tutto per fare i propri interessi. Ci si poteva aspettare l'istituzione di una commissione d'inchiesta composta magari da esperti indipendenti, perché è così che si fa normalmente quando si cerca di fare chiarezza. E invece no. A quanto pare, il fatto che gli organi di controllo non abbiano notato delle curiose operazioni da qualche miliardo di euro non solleva troppe perplessità. Il fatto che la politica sia nelle banche quanto il latte nei formaggi nemmeno. Al contrario, a fronte di questa situazione, gli ultimi due governi hanno pensato bene di scaricare sulla collettività il salvataggio del Monte dei Paschi proponendo un nuovo stile che sicuramente avrà un grande successo in futuro: il malaffare sostenuto dal contribuente.

Ma perché queste cose succedono? Ieri è stato lo stesso Presidente della Repubblica a spiegarlo molto chiaramente:
 
Il Capo dello Stato avverte il rischio che si possa offuscare di fatto l'immagine, le capacità operative e l'integrità di una delle principali istituzioni di vigilanza e garanzia del Paese, qual è la Banca d'Italia, e si possa, quindi, pericolosamente incidere sulla percezione di stabilità del nostro sistema bancario da parte dei mercati (Fonte: www.quirinale.it).

E questo è il problema. Fuori dai mille dibattiti pre-elettorali, fuori dall'indigestione di tesi, antitesi, analisi, ricette e soluzioni proposte dagli stessi politici che fino ad oggi di tutte queste soluzioni non sono stati capaci di implementarne nessuna, uno dei problemi reali dell'Italia sta proprio in questo enorme retaggio che ci portiamo dietro da secoli. È lo sfondo, è l'aria che si respira, è la sensazione che si prova quando si entra in un ufficio con un'etichetta sulla porta. Il problema principale non è mai risolvere il problema ma come conservare il prestigio ed il potere che ne consegue. Esattamente come nel medioevo bastava l'arrivo del dottore a tranquillizzare il popolo perché "lui è il Dottore", oggi il concetto di istituzione gode dello stesso privilegio autoreferenziale. Il rispetto che si deve provare per le istituzioni in Italia non è legato al loro "fare" ma al loro "essere" trasformando lo stesso rispetto da riconoscimento meritato a status di cui si gode "in quanto tale", incondizionato ed indipendente dal proprio agire. Il fatto è che sganciare il rispetto dalle azioni che dovrebbero indurlo può funzionare in un paese dove l'atto di fede è ancora considerato un normale argomento di dibattito politico ma non può reggere agli occhi di un mondo più avvezzo alla regola del merito che all'intercessione divina. In altre parole, il rispetto dovrebbe arrivare sempre dopo aver dimostrato di meritarlo e mai prima. In Italia, invece, in questa strategia del do-not-disturb si è arrivati a far ricadere la responsabilità di un errore su chi l'errore l'ha subìto, sul paziente che protesta piuttosto che sul "Dottore" che ha sbagliato. In Germania sono stati allontanati i membri delle istituzioni che hanno copiato la loro tesi di laurea. È perché i tedeschi sono degli anarchici, anti-politici e irrispettosi verso le proprie istituzioni o forse perché hanno capito che per dare al mondo un'immagine di affidabilità e serietà è fondamentale allontanare chi questa immagine può macchiare? E se i nostri organi di controllo non hanno notato delle operazioni di tale portata, gettare acqua sul fuoco per il buon nome dell'istituzione renderà la loro immagine più presentabile agli occhi dei mercati o farà pensare agli investitori internazionali che l'Italia è solo un paese da abbandonare a sè stesso?

Ognuno ha i Feynman che si merita...