domenica 7 dicembre 2008

Pornografia #1

In questo momento sto guardando la tv. Sono le 9.57 del 5 dicembre e Rai Uno sta trasmettendo Uno Mattina. Hanno appena mandato un servizio sulla ThyssenKrupp perché in questi giorni cade l'anniversario dell'incendio a causa del quale sono morte 7 persone. Mentre sullo sfondo scorrono immagini drammatiche, pareti carbonizzate e pompieri che cercano di spegnere un fuoco che inghiotte tutto, sul video scorrono le frasi che i parenti, le fidanzate, gli amici hanno dedicato alle vittime. Frasi semplici e mi sorprende vedere come i clamori e la retorica televisiva si sciolgano come neve al sole quando la realtà tragica piomba nel tuo mondo.
Ma passa una frazione di secondo. Un battito di ciglia. Nessun avvertimento. E d'improvviso le frasi semplici che scorrono sul video diventano una sigla colorata dove da un cappello a cilindro esce la scritta "Mazza Bubù", uno spettacolo di varietà di qualche anno fa. Resto a guardare e non capisco cosa stia succedendo. Il senso di straniamento è totale e cerco di darmi una spiegazione: un errore nel montaggio, una distrazione del regista un cavolo di qualcosa che spieghi il passagio dal ricordo di persone che sono morte bruciando alla celebrazione di un allegro varietà. Attendo il ritorno in studio - qualcuno finalmente spiegherà cosa sta succedendo, no? - ed ecco che i conduttori che avevano presentato il servizio sulla ThyessenKrupp già sono seduti accanto all'ospite di turno che, sorridente, racconta gustosi aneddoti sui protagonisti dell'avanspettacolo italiano.
Come nulla fosse.
Come nulla è.

Molto spesso si sente parlare di "volgarità televisiva", si organizzano dibattiti per stabilire quanto nudo e quante parolacce possa contenere un reality e si scrivono interpellanze parlamentari per chiedere quanto una vignetta sia blasfema. Ma il passare in un istante da immagini drammatiche di persone che sono morte davvero alla sigla di un varietà, il passare da un servizio che documenta una tragedia avvenuta nel nostro mondo reale alla celebrazione di un nulla colorato senza nemmeno l'eleganza di uno stacco, un buio, un annuncio. Tutto questo cos'è? E' sufficientemente "volgare"? E' sufficientemente "blasfemo"?
Il fatto che quotidianamente in televisione si passi dalle immagini di corpi straziati da una bomba all'ultima collezione autunno-inverno, da uno stupro di gruppo al calciomercato, da un agguato di camorra ai regali di Natale non offende nessuno? Questa è "l'informazione completa e puntuale". Con l'illusione di sapere tutto ci si abitua a non sentire più nulla. Onnivori voraci di cibo e stati d'animo. Più si passa dall'orrore al comico e più sembra che qualcosa nella giornata sia accaduto.

Finché non accade a te.

E per un attimo, un solo attimo, senti che c'è qualcosa di profondamente sporco e sbagliato.

Quello che sta parlando di te non sa niente di te.
Quello che sta parlando di te non sente niente per te.



...ma non vi danno un po' di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?

(Franco Battiato, Povera patria)

giovedì 20 novembre 2008

Game Over

L'altro giorno sono stato in un negozio di giocattoli e, mentre camminavo tra gli scaffali, ho preso nota di alcune cose:
1. Nei negozi di giocattoli ora si vende anche cibo: ho trovato all'ingresso e all'uscita le patatine dei Gormiti.
2. Prendono sempre più piede i giochi "schifezza": c'era la grande tarantola con le zampe che si muovono e gli occhi rossi che si accendono sulla schiena, c'erano i topi di fogna, gli scarafaggi, i ragni pelosi e gli scorpioni.
3. Vanno di moda i peluche obesi: rane, pecore, cani e scoiattoli. Uno scoiattolo aveva un dente più lungo dell'altro.
4. Tra i Lego sono spariti i vettori spaziali: ci sono adesso dei camion tamarri che trasportano le attrezzature di agenti segreti bassi.
Mi fermo qui con l'elenco perché vorrei puntualizzare qualche aspetto. Allora: mentre posso capire le patatine dei Gormiti (per i quali non nutro alcuna simpatia) e i giochi "schifezza", faccio più fatica a capire l'opportunità dei peluche obesi (perché è meglio una pecora grassa di una pecora grande?). Ma il forte rammarico è notare la scomparsa dei vettori spaziali della Lego. Sostituirli con camion tamarri mi sembra una caduta di stile e, cosa non irrilevante, mentre un omino-Lego-astronauta può ancora passare, l'omino-Lego-agente segreto - che fa pure lo sguardo da piacione - no, non è credibile.
Oh, ed ora arriviamo al pezzo forte: i giochi per le femmine. Fino a qualche anno fa era un settore con scaffali pieni di bambole e bambolotti, cucine, forni, lavatrici, passeggini e vettovaglie colorate. Oggi no. Di bambole e bambolotti ne sono rimasti pochi ma cosa ha preso il loro posto? Fondamentalmente tre cose. La bambola anoressica, la cassa del supermercato, il set per fare le pulizie. La bambola anoressica fa impressione perché ha la faccia di una che ce l'ha di traverso con l'aggravante di avere arti lunghissimi e spaventosamente magri. Non voglio fare le solite riflessioni sullo scarso contenuto educativo di alcuni giocattoli, anche perché io sono cresciuto a videogiochi e cartoni giapponesi e sono venuto su benissimo. L'unica cosa è che non mi sembra molto intelligente regalare ad una bambina una fashion-bambola che fa passare il messaggio: sei alla moda solo se entri nel magico mondo dei disturbi alimentari. E' strano che con tutte le associazioni di genitori che ci sono in Italia, questa roba sia ancora in vendita. Ma si sa, tutto quello che viene censurato riguarda storicamente il sesso e la religione, non il fatto che per essere davvero pericolosi basta essere semplicemente stupidi rendendo "moda" un problema che richiederebbe informazione e cliniche e non modelli da emulare fin da bambini. Ma cos'altro c'è sugli scaffali? C'è il Folletto della Vorwerk! E Poi? Il Mocio Vileda! E per concludere? La cassa del supermercato con tanto di microfono e bancomat!
Dopo tutto questo che dire? Alla fine di questo viaggio nel mondo del giocattolo ho capito una cosa: dato che i regali li comprano i genitori, bisogna prima di tutto convincere loro. E cosa convince di più se non la riproposizione della "loro" realtà? E' accettata da tutti, politicamente corretta e senza rischi. Non si punta agli spazi interstellari, Lego Technics, Meccano e Piccolo Chimico. Qui si punta alla sostanza virando verso un più onesto e familiare rappresentante di aspirapolvere oppure una cassiera che, magari, diventa pure cantante di brani da frullato di maroni. Ma allora mi domando, non è che il bel periodo che viviamo è proprio legato alla carenza di Gioco? E per Gioco intendo quello strano stato di straniamento che si vede nei bambini quando si inventano storie incredibili di alieni volanti attaccati da truppe di orsacchiotti. Quello stato di sacra follia che li avvicina a meravigliosi pazzi felici più che a equilibrati e misurati infanti. Ma allora, se il gioco deve diventare uno spaccato di realtà piuttosto che un buco nero di fantasia, voglio proporre alle aziende qualche idea per giocattoli di sicuro successo:
- Il Piccolo Cocainomane: nella scatola sacchetti con polveri di vario colore (atossiche), bilancino di precisione, pipette, soldi (fac-simile) e istruzioni per il taglio;
- Il Piccolo Agente Immobiliare: nella scatola espositori di schede con piantine colorate di appartamenti, una vetrina in plexiglass, una scrivania con sedia girevole e una cravatta che genera un nodo di dimensioni imbarazzanti;
- Il Piccolo Parlamentare: nella scatola il kit in legno di balsa per costruirsi il banchetto, la borsa in similpelle da far portare ad un amico (il "portaborse"), il libretto con tutte le frasi per parlare senza dire nulla risultando incomprensibili e, per questo, dotti;
- Il Piccolo Pirata della Strada: nella scatola la doppia riga continua bianca per allenarsi in salotto al sorpasso illegale e una coppia di fanali allo xenon per far capire a chi ti sta davanti che se rispetta i limiti di velocità sarà speronato;
- Il Piccolo Guardatore di TV: questo è il regalo più delicato che potrebbe sollevare le critiche più accese ed il ritiro immediato da parte dell'autorità garante. Nella scatola solo...uno specchio.

lunedì 3 novembre 2008

Appunti di un gatto

Luce grigia che entra dalle finestre
in cortile la ghiaia è bagnata
e cose lucide ospitano cose.
A volte torno con l'orgoglio del vincitore,
a volte con i graffi sotto il pelo appiccicoso.
Ma tu ci sei
e mi lecchi il muso,
senza chiedere com'è andata.
E d'un tratto sento la pioggia
che cade sulle cose.
Che l'erba profuma
a volte più dei fiori.
E che il calore può arrivare
anche dal petto
e non solo dal sole.
E qualcosa mi blocca qui
a guardare i tuoi baffi
ed il tuo naso.
Nasconderò cibo questo inverno
per farti dei regali.
E la sera,
quando l'aria s'illuminerà
di luci che usciranno da scatole nere,
noi resteremo così,
vicini ad ascoltare
la voce di una stagione
in una grondaia
passare.

mercoledì 15 ottobre 2008

Ragazze vincenti


Nel 1992 esce il film Ragazze vincenti. Con un cast niente male (Tom Hanks, Geena Davis e Madonna) si narra la storia di un gruppo di ragazze selezionate appositamente per dar vita al primo campionato di baseball femminile della storia americana. Le ragioni però che muovono gli investitori non sono particolarmente virtuose o progressiste. Più che la voglia di creare un campionato femminile c'era la necessità di riempire di nuovo gli stadi di baseball visto che, nel 1943, la maggior parte dei maschi finiva al fronte...but the show must go on. E dato che il baseball è sport di mazza e palle - virile, eh? - pensarono bene di far rizzare l'interesse del maschio tifoso accorciando le gonne e strizzando le giocatrici in mini abiti da pin-up.
Qualche giorno fa sul Corriere della Sera è apparso un articolo a firma Elisabetta Corsini che racconta di questa ideona statunitense di organizzare un campionato di football americano dove i giocatori sono tutte donne che hanno corpi "mozzafiato". Ma perché far giocare donne con corpi "mozzafiato" se di questi corpi non si può vedere nulla? Ed allora le faranno giocare in slip e reggiseno (!). Come a dire: dal 1943 nulla è cambiato. Le donne sono, prima che giocatrici, corpi da far vedere. Intendiamoci, non sto facendo un discorso generalista su come l'uomo vede la donna o su come tenda a gradirla più nuda che vestita. Semplicemente, mi dà un po' fastidio il fatto che la si debba spogliare anche fuori contesto. Che c'entra il football americano con la lingerie? E perché dovrei vedere i corpi "mozzafiato" di donne volutamente provocanti che si riempiono progressivamente di lividi e ferite mentre giocano? Perché allora nessuno si sogna di investire dei soldi per organizzare un torneo di tennis maschile in perizoma? Che ne so: i "Tanga Open d'Australia". Suona benissimo! Ma non lo faranno mai. Alla fine noi maschi siamo cresciuti con due idee fondamentali in testa:
Idea numero 1: Mamma dice che sono il più bello sulla Terra quindi per la mia fidanzata/compagna/moglie deve valere la stessa regola.
Idea numero 2: Se sbavo platealmente dietro (o davanti) donne formose/discinte/maliziose è solo perché sono normale. Perché i maschi fanno così no? Si appendono calendari in casa, dicutono amabilmente di glutei e seni con tono vissuto da chi ci capisce e va tutto bene. E se vicino c'è una donna - se non addirittura la loro - proseguono perché lei deve capire che questa è la natura del maschio. Mica le può dispiacere.
Chissà cosa succederebbe se tornando a casa Lui trovasse Lei euforica perché ha comprato i biglietti dei Tanga Open d'Australia e si stesse lumando con attenzione famelica i glutei possenti di Federer o Nadal perizomati su una rivista? Guai! Tragedia! Dramma! Solo noi possiamo esprimere giudizi espliciti sull'altro sesso e addirittura acquistare biglietti per andare a vedere donne che giocano in slip e reggiseno. Perché è quello che ci interessa. Tanto si sa, oltre a non saper guidare, le donne non sanno nemmeno giocare, no? A proposito, già che ci siamo, potremmo anche fargli prendere la patente nude oppure parcheggiare in topless...

PS: magari sono un po' troppo critico ma come si sarà sentita Elisabetta Corsini - donna - mentre scriveva un articolo così?

martedì 9 settembre 2008

The Gipfel - Prima Puntata



Indimenticabile, unica, irripetibile. Una serie intensa e magistralmente prodotta. Due giovani rivelazioni che dirigono e recitano con tocco da consumati professionisti. Indiscutibilmente la sitcom dell'anno!

The Gipfel - La Sigla



Già un cult...

lunedì 8 settembre 2008

Guardare fuori

D'improvviso gli archi
e il giallo sul fogliame.
Tra montagne di orizzonte in diagonale
il lago che riflette nubi d'ombre nere.
Quanto suono nel rumore.
Linee di vetro e acqua correre verso l'alto
sull'immagine di me che guarda fuori.
E non c'è niente che vorrei fare,
non c'è niente che vorrei avere.
Ieri sera dalla finestra ho visto nuvole
come lanterne di carta
dai lampi accese.
E questa mattina il sole
mi scaldava le ginocchia.
Comprendere non è saper spiegare.

mercoledì 3 settembre 2008

No comment


Ma quale animale, mi domando io, quale animale trova in un prato una lavatrice e decide che può essere interessante infilarci la testa?! Se ancora ce ne fosse bisogno, questa immagine documenta chiaramente quanto la selezione naturale funzioni male sui mammiferi appartenenti alla classe degli "scimuniti". Per evitare una sacrosanta estinzione, le regole per la conservazione della specie sono essenzialmente due: o ti riproduci tanto o sei un raccomandato. Le mucche, solo grazie al latte che incidentalmente producono, appartengono alla seconda categoria. Ma cosa ce la metti a fare quella testa che ti ritrovi in una lavatrice? Con tutto il prato che hai intorno..."No! Voglio infilarla nella lavatrice!". E infilacela allora! Altra dimostrazione, sempre ce ne fosse bisogno, che il volume della testa non è linearmente relato con lo sviluppo cognitivo. Se hai la testa grossa non necessariamente sei intelligente e le mucche ne sono la dimostrazione più convincente. Guardo la foto sconcertato ma non sorpreso...

venerdì 29 agosto 2008

I tramezzini

Ricordo con una punta di malinconia quando, alle scuole medie, durante la ricreazione spuntava da chissà dove Cestone. Cestone era un ragazzone alto, con i capelli lisci e neri, la pelle chiara e le lentiggini. Emanava un marcato odore di mucca ed aveva un piccolo difetto di pronuncia che lo portava a proferir le parole - urlando - dimenticandosi la lingua tra i denti. La conseguenza era che un suo "Ciao" diventava un "Tao" e già uno sputazzo sostava sulla tua camicia. Per questo Cestone non aveva un grande entourage di amicizie ed io che non amo né le mucche, né l'odore delle mucche, né la saliva degli sconosciuti sulla mia camicia non lo frequentavo con assiduità. Ma perché parlo di Cestone? Perché Cestone, al suono della campanella, veniva in classe con una cassetta di plastica rossa e si posizionava in fondo all'aula. Nella cassetta c'erano, avvolti in candidi fazzoletti di carta morbida e stagnola, pile ben ordinate di tramezzini fatti dalla mamma. Io la mia merenda ce l'avevo sempre però qualche volta ho comprato i tramezzini della mamma di Cestone ed erano...fantastici. Mentre li divoravo con foga lasciando che la maionese prendesse vie inattese e pensando, mostruosamente avido, "mio mio mio, tutto mio!", ero già convinto che un sapore così non l'avrei mai più gustato. Era vero. Oggi i tramezzini confezionati non hanno più quel sapore e dopo un'attenta analisi posso concludere che la ragione è una. Ma arriviamoci per gradi. Prima di tutto sfaterei il mito della genuinità degli ingredienti base dell'imbottitura. Non raccontiamoci bugie: il prosciutto cotto, il formaggio, il salmone, ecc. non erano prodotti di Casa Cestone e questi non credo che pesassero fortemente sul sapore finale del triangolo libidinoso (...il tramezzino intendo). Il pane nemmeno perché si tratta pur sempre di pan carré industriale privato della parte scura più esterna. E allora cos'era? Si, manca una sola cosa. Lei, signori, la maionese. Io sono sicuro che la mamma di Cestone la facesse in casa. Sapeva di uova fresche, restava compatta ed era così buona che tendevo a leccarla anche quando imbrattava guance non mie. Oggi i tramezzini sono altro. Il nome e la forma non sono cambiati ma sono diventati...volgari. Aggressivi nei colori, rigonfi nelle dimensioni e confusi nel contenuto. Per capire cosa c'è dentro devi leggere l'etichetta e lei, la maionese, da comprimaria di classe che era è salita al ruolo di ingrediente principale che tutto avvolge e stravolge. Ma quella roba non è maionese. Finge subdola di esserlo ma non lo è. Prima di tutto è bianca. Perché, falsa salsetta, sei bianca se i tuorli d'uovo sono arancioni? Eh?! E poi perché impasti tutto in quel modo osceno rendendo l'elegante trilatero una molle ed informe orgia alimentare? Ecco, se prima la maionese era quell'ingrediente viziosetto nel panino morigerato, quel diavoletto malizioso nel casto mangiare che in dosi limitate dava il gusto del proibito, oggi è diventata una meretrice da sbarco che più ti fa vedere e meno ti attira. L'altro giorno, in un supermercato, ho coinvolto Moreno in un'accurata analisi: cercare tramezzini senza questa ignobile menzogna, socialmente inutile, sedicente 'maionese'. Chiamatela 'Salsa dipiùnonsofare', 'Spumetta venutamicatantobene', 'Mousse chenonnaèmegliosenonlamangia'. Niente. Tutti i tramezzini sono impestati dall'infida mollezza che tanto promette e nulla mantiene. Ti disprezzo finta maionese da tramezzino e non ti compro nemmeno se fossi l'ultima cosa da mangiare sulla Terra. Altezzoso ti snobbo, guardo e passo, resisto stoico alla fame e alla tua voce, anche quando il tramezzino fetente cerca di irretirmi con le bandierine (tra l'altro: perché trovo sempre le stesse? Bah). Io ho il ricordo dei fanta-tramezzini della mamma di Cestone. Quella sì che era roba professionale e non tu che volgare impasti mollosa il misterioso contenuto del triangolo del piacere (...ed intendo sempre il tramezzino, perbacco!).

venerdì 22 agosto 2008

Dedicato ad Alexander Supertramp


"La felicità è reale solo se condivisa"





mercoledì 13 agosto 2008

Io e te

Quanti tramonti abbiam perduto
E quante albe abbandonato?
Quanti temporali neri sono esplosi
E quanta lucida rugiada è evaporata?
Ma noi dov'eravamo?
Io e te eravamo lì.
Non per sentir ciò che tutti han già sentito.
Io e te eravamo lì come meravigliosi amanti.
Gli amanti che non sentono più lo stesso temporale
da quando il suono del tuono
ha colto il loro viso affondato in un abbraccio.
Gli amanti che non vedono più lo stesso tramonto
da quando il rosso di un raggio la sera
ha sfiorato la pelle dei loro corpi abbandonati.
Gli amanti che non toccano più la stessa rugiada
da quando l'aria umida del mattino
li ha sorpresi ad intrecciare dita come rami.
Ecco dov'ero io. Ecco dov'eri tu.
Brucino le poesie e brucino i poeti.
Bruci l'aria e in aria brucino i tramonti.
Bruci pure tutto ciò che è raccontato,
che non è vissuto,
tutto ciò che non è mai esistito.
Io tocco la preziosa trama delicata
delle vene che il tuo corpo ha costruito.
E sento il tuo respiro farsi lento
nella notte che porta i sogni al sonno
ed al mio orecchio il suono del tuo cuore.
Posso desiderare di più?
Resto qui a guardarti
e ti vedo dormire come dormivi da bambina.
E forse il sole è già sorto.
E forse la rugiada è già svanita.
Che differenza fa?
Il mio mondo è tutto in ciò che amo
e tra un attimo,
un solo attimo,
vedrò il mio mondo che nasce
nel tuo più bel sorriso.

mercoledì 23 luglio 2008

Liquame


Qui tetigerit picem inquinabitur ab ea
Chi toccherà la pece ne rimarrà imbrattato


Guardare e non toccare.
Liquame che sporca le mani e le pareti.
Non sentite l'odore?
Vestiti senza gusto,
sorrisi senza luce,
invecchiare è un dramma
per chi sa di essere già morto.
L'età sui vostri volti
è a ricordar che il tempo
non è per chi ha sprecato il tempo.
Cosa raccontate allo specchio?
Del mediocre e del timoroso?
Dell'ansia di assomigliare?
Di ciò che non avete perché non lo meritate?
La grazia sfugge alla miseria umana
perché ciò che è leggero
altro non chiede alla vita.
A voi restano i sorrisi dei falsi e degli stolti,
l'amicizia del vostro assassino,
l'amore del vostro carnefice
e la tristezza che ogni giorno soffia
più forte sulle spalle.
Io vi guardo e non vi tocco
tristi ippopotami d'etoile,
piccole iene e cerimoniose ballerine.
Ritti su due zampe gioite
alla carezza del padrone
ed io vi guardo e non vi tocco
perché mi servite così,
miserabili,
perenne monito
per tutto ciò che non sarò mai.

mercoledì 9 luglio 2008

Spett.le Presidente Napolitano... (tentativo n.2)

Spett.le Presidente Napolitano,
In data 22/03/08 Le scrissi una mail a cui Lei non ha mai risposto. I casi sono due: o ha letto la mia mail e non l'ha ritenuta degna di risposta o non ha mai letto la mia mail e quindi non ha potuto rispondere. Nel primo caso il comportamento non è molto cortese dato che io ho ritenuto rilevante dedicare parte del mio tempo a Lei ma Lei non ha ritenuto necessario dedicare parte del Suo tempo a me. Nel secondo caso, se a Lei le lettere non arrivano, non si capisce la ragione per cui la Presidenza della Repubblica metta a disposizione dei cittadini un indirizzo e-mail. Io, nel dubbio, Le scrivo di nuovo. Immagino che, in questi giorni, di mail ne stia ricevendo molte ed una ragione ci sarà. Io non entro nel merito del suo comportamento "formale" anche perché ho letto diversi articoli sull'argomento e devo dire che il livello di tecnicismo giuridico potrebbe scoraggiare chiunque e, contemporaneamente, dimostrare tutto ed il contrario di tutto. Quindi passo subito alla parte logica del problema.
Prima domanda: Il cosiddetto lodo Alfano propone la non punibilità per le quattro cariche più importanti dello Stato. Tra queste quattro cariche c'è anche Lei. Ma Lei questa impunità l'ha mai chiesta? L'ha mai desiderata? Sognata? Sperata? E, soprattutto, Le serve? Mi spiego meglio. Se domani qualcuno proponesse una legge per la quale tutti quelli che si chiamano Ottavio possono godere della sospensione della legge anti-fumo io, che mi chiamo Ottavio e che non fumo, penserei che sarebbe una stupidaggine e mi darebbe alquanto fastidio essere inserito a forza in un gruppo di cui non faccio parte e senza che io ne abbia mai fatta richiesta. Lei, come Presidente della Repubblica - ma soprattutto da persona onesta e rispettabile - come si sente nel vedersi, dall'oggi al domani, inserito nella classe degli esenti da giudizio o, se preferisce, dei liberi di delinquere?
Seconda domanda: Dato che questo provvedimento prevederebbe l'impunità per le quattro più alte cariche dello Stato, dovremmo dedurre che siamo governati da quattro persone che non vogliono farsi giudicare come tutti i normali cittadini? Oppure che viviamo in un Paese dove il pericolo da scongiurare è la magistratura? E se fossimo in questa seconda condizione, come si sente Lei che si trova contemporaneamente ad essere il firmatario di un provvedimento che colpisce la stessa categoria di cui Lei è il massimo esponente in qualità di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura?
Terza domanda: Supponiamo che Lei non possa fare altro che firmare il suddetto provvedimento. Ma, allora, vista la rilevanza di una cosa che La coinvolge così direttamente, perché non organizza un bel messaggio a reti unificate e spiega alla nazione la bontà di tale provvedimento - se pensa che lo sia - oppure le ragioni della sua firma a naso turato?
La vuole un'idea? Ok, senta qua. Se la mettesse a disagio andare in televisione, lasci perdere ed utilizzi uno strumento molto più moderno. A me piacerebbe usare il Suo sito web per informarmi e per capire quello che sta succedendo nel mio Paese. Sarebbe uno strumento formidabile, pubblico ed obiettivo che nessuno potrebbe limitare o zittire. E sarebbe molto interessante se Lei spiegasse, con parole comprensibili, le ragioni di un provvedimento su cui Lei sta apponendo la Sua firma. Una firma che dice "Io, Giorgio Napolitano, ho letto e garantisco che questa legge tutela tutti i cittadini di questo Paese che, in ogni istante del mio mandato, rappresento". E invece no. In un sito che ha uno stile molto simile ai mobili della sala da pranzo di mia nonna leggo che Lei il 10 di Luglio ha incontrato la Federazione degli "Amici dei Musei". E' normale tutto questo? Secondo me no e dal mio punto di vista sarebbe molto più utile conoscere il Suo parere piuttosto che leggere ipotesi dai giornali e vederla disegnato come un passivo generatore di firme. Francamente, proprio una brutta immagine.

venerdì 20 giugno 2008

Le due donne

C'erano molti rumori. Le voci, il vetro dei bicchieri, il suono delle posate. Le due donne si sedevano sempre vicino alla vetrata e da lì potevano vedere la strada principale con gli alberi e le macchine lontane che correvano sulle pozzanghere. Ogni tanto fuori passava qualcuno e da sotto l'ombrello guardava dentro con gli occhi sgranati oppure facendo smorfie. Una ordinò un risotto allo zafferano e un'acqua naturale mentre l'altra penne con gamberi e zucchine ed un bicchiere di vino bianco.
- "E come state?"
- "...bene. Certo devi fare un po' la mamma e un po' la moglie però...insomma, è un po' diverso"
- "Già...ma è così che va. Tocca a tutte. Prima o poi tocca a tutte"
- "...cioè...nel senso...non è più un gioco. Quando sei fidanzata...non sto dicendo che adesso sia brutto però è diverso. Si cambia"
- "Ma si infatti"
- "E poi devo stirare. Non mi piace proprio avere la sera le montagne di panni da stirare però se non lo faccio io..."
- "Ma vorresti che lo facesse lui? Sei tu adesso la donna di casa"
- "Sai che tra una settimana è il suo compleanno?"
- "...già risolto?"
- "Ma si, alla fine gli ho comprato un maglione. Oh senti... lui non se li compra. Prima ci pensava sua mamma"
- "...ma com'è tua suocera?"
- "No, simpatica, davvero! Mi dice che per lei sono come una figlia. Che non vede l'ora di diventare nonna"
- "Quando nuora e suocera vanno d'accordo è la cosa migliore. Bene"
. "Mi ha anche detto che non mi devo offendere se ogni tanto mi dice come fare certi piatti perché a lui piacciono come li fa lei, che si sa che i figli sono così"
- "Ma certo. I figli maschi sono tutti così. Ma...bambini?"
- "Sua sorella l'ha già fatto. Anzi, fatta. E adesso tocca a noi"
- "Così fate giocare i nipotini insieme! Ma per il regalo...è il primo che gli fai da sposati?"
- "No è il secondo. Qualche mese fa gli ho regalato un cellulare. Però non era quello che voleva lui"
- "E che ti ha detto?"
- "...che lo voleva di quelli che si aprono così. Che io non me ne intendo e dovevo chiederglielo prima"
- "...si la prossima volta chiediglielo. Che quando non sei sicura... sennò butti via un sacco di soldi. Io infatti prima gli chiedo quello che gli serve e quando dice che non gli viene in mente niente gli regalo un pigiama che almeno è una cosa utile. Poi figurati se adesso ho tempo di farmi venire le idee. Una volta ci pensavo ma adesso... Ordiniamo il caffè?"
- "No mi sa che... oh, guarda sta arrivando"
Si avvicinò al tavolo una donna alta in un completo scuro con la targhetta dorata sul bavero della giacca ed usò un tono cortese.
"Signore, l'ora a vostra disposizione è finita. Dovete tornare in camera per le medicine e poi il dottore vuole vedere i vostri disegni"

venerdì 13 giugno 2008

Solo un insetto

La trappola della fretta è nascosta in ciò che fai.
Momenti in cui le cose diventano solo cose.
E passi in mezzo senza sentire.
Passi in mezzo senza guardare.
Fai un elenco dopo l'altro
di ciò che non puoi fare.
E nutri fieramente il tuo diritto di star male.
L'animale ti fa credere che non stai facendo nulla.
Che la giornata è stata solo perder la giornata.
Ora ho sonno e ciò che scrivo non mi piace.
Ma lo scrivo.
Perché è da ricordare ogni giorno
che sento con il mio sentire.
E non uccido un brutto insetto solo perché è brutto.
Lo lascio camminare sul mio dito per un po'
e lui mi abbandona delicato.
Visto che ne valeva la pena?

sabato 7 giugno 2008

Gentile Ministro dell'Ambiente...

Lettera appena spedita al Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ed ispirata dalle dichiarazioni del Governo sulle nuove linee guida in tema di energia nucleare.

Gentile Ministro dell'Ambiente,
In questi giorni in Italia il tema dell'ambiente è tornato all'onore delle cronache non solo per il problema dell'immondizia a Napoli ma anche per la proposta del Governo di aprire nuove centrali nucleari. Io non sono un esperto di energia nucleare e ciò che noto con disappunto è che, nonostante la maggior parte delle persone ne sappia quanto me, spesso assisto a discussioni infinite sul nulla dove le due fazioni - pro e contro il nucleare - si affrontano con astio. Sembra che l'interesse cada non tanto sull'oggetto della discussione quanto sul piacere nell'apparire più o meno aggressivi. E alla fine il più forte decide. Anche se posso capire che in televisione attiri molto di più la discussione accesa, meglio ancora l'insulto, io trovo che passare una serata a guardare due persone che alzano la voce mentre parlano di cose alquanto delicate e concludere alla fine che ne si sa quanto prima sia solo un modo poco divertente di perdere tempo. Ciò che mi interessa è, indipendentemente dalla coalizione che ha vinto le elezioni, cosa ne sarà della qualità della mia vita e di quella delle persone a cui tengo. E Lei, in questo momento, è il custode istituzionale di tale qualità. Quindi Le scrivo. Ora, io non ho mai capito una cosa: noi viviamo in un continente che oltre ad essere ricco di cultura è anche ricco di esperienza in campo energetico. Molti Paesi da decenni testano tutte le possibili fonti energetiche alternative ed alcune funzionano talmente bene da fornire oggi quantitativi non irrilevanti di energia. Nonostante ciò, tutte le volte che viene eletto un nuovo Ministro dell'Ambiente in Italia si ricomincia a parlare di "esperimenti", "impianti pilota", "studi di fattibilità" e via dicendo. Ragioniamo un attimo in termini pratici: dato che, come detto sopra, l'esperienza in Europa non manca, per quale ragione non la si misura? Voglio dire, ci vuole tanto a costruire una serie di indicatori quantitativi che misurino i rapporti quantità/efficienza, costi/ricavi, livelli di rischio ambientale e fattibilità sul territorio di tutte le fonti energetiche e le tecnologie oggi disponibili? Io in televisione o sui giornali non ne ho mai sentito parlare. E non è una cosa di difficile realizzazione visto che ogni anno varie riviste economiche compilano tabelle analoghe - ma molto più complesse - per misurare, ad esempio, la qualità della vita nei vari Paesi del mondo. E non sarebbe nemmeno una cosa costosa visto che tutti i dati sono già disponibili. Si tratta solo di costituire una commissione di personalità unanimemente riconosciute - possibilmente all'estero - di statistici, medici, chimici, fisici e geologi che raccolgano i dati disponibili in materia di energia e relativi effetti ambientali e lasciare loro il compito di definire indici quantitativi e punteggi. Basterebbero pochi mesi di lavoro per arrivare ad un risultato attendibile ed esaustivo. Disponendo di queste tabelle sintetiche sarebbe molto più semplice non solo scegliere quanto, come e dove investire in termini energetici ma anche comunicare con le persone perché tutti siamo in grado di capire il significato di una valutazione numerica, pochi invece un linguaggio farcito di tecnicismi di settore o slogan da pubblicità. Non solo. Il disporre di misure quantitative permetterebbe anche di considerare delle scelte di tipo integrato che consentirebbero, a parità di efficienza, di ottimizzare uno dei parametri fondamentali: la sicurezza ambientale. Indipendentemente da chi lo ha eletto, penso che, da parte di un governante, basare le proprie scelte su dati di fatto misurabili e per questo dimostrabili sia molto serio e più accettabile. E' solo questione di civiltà e rispetto perché l'aria che respiro io è la stessa che respira Lei e tutte le scelte che si fanno in campo ambientale dovrebbero tenere ben presente il fatto che siamo tutti coinvolti. In mancanza di un'informazione cristallina sulle fonti che determinano le ragioni di una scelta, in mancanza di una discussione reale tra chi governa e chi è governato, l'unica cosa che si può pensare è che le variabili da cui dipendono le scelte in campo energetico siano legate ad interessi di parte e questa è proprio la strada che porterebbe al classico disastro annunciato ed irreversibile. Ma questo non è il nostro caso, vero Ministro?

lunedì 26 maggio 2008

Piccole esplosioni #1: Oggi proprio no, dai

Lui aveva già gli occhi aperti quando la luce entrò dalle persiane. Quattro linee luminose e perfettamente parallele sulla parete a sinistra del letto. L'anno prima lei aveva voluto dare un tocco di novità alla casa dipingendo le pareti di giallo e comprando anche lampade a stelo. In camera si sentivano le voci ovattate dei vicini al piano di sopra che si preparavano. Lui, disteso sul fianco, notò un puntino scuro sulla parete. Non riusciva a capire se fosse un piccolo ragno o una macchia. Pensò che aveva un po' di cose da fare. Doveva lavare l'auto e avrebbe potuto farlo sabato pomeriggio. Oggi però doveva passare dalla posta per pagare una bolletta e, se fosse avanzato tempo prima di andare in ufficio, fare il pieno da un benzinaio lungo la strada. Ieri sera, mentre parcheggiava, la spia arancione della riserva si era accesa. Fin da subito aveva trovato il disegno delle lampade a stelo troppo liberty. A suo tempo pensò che non fosse così importante. A suo tempo pensava che i particolari non fossero importanti. Forse il puntino scuro sulla parete si era mosso. Dalla radiosveglia uscì d'improvviso un suono elettronico e continuo. Lui restò fermo. Lei mosse le gambe e sbadigliò. Poi voltandosi verso la sua schiena, con voce assonnata: "'giorno. Vado prima io sennò...". Lui sentì un polpaccio freddo sfiorargli la gamba. Lei si sedette sul bordo del letto e cercò con i piedi le pantofole prima di andare in bagno. Nei giorni lavorativi la sera andavano a letto presto e la mattina non facevano colazione insieme. Era per non perdere tempo. Per non uscire tardi. Un giorno, avvicinandosi all'orecchio, lui le sussurrò "Oggi facciamo con calma?", lei sorrise e ad alta voce: "Oggi proprio no, dai". Si incontravano ogni giorno già vestiti sulla porta di casa mentre stavano per uscire. E si salutavano con un bacio veloce.

venerdì 16 maggio 2008

Le inchieste di Ambra

E' sempre un po' deprimente vedere come nel nostro Paese il genere "inchiesta" sia davvero un genere per pochi. Ci sono persone che hanno scritto articoli di approfondimento talmente utili alla conoscenza di tutti che sono state uccise. Altre, a causa della loro chiarezza e puntualità hanno perso il posto di lavoro. Ma come dicevo, il genere è per pochi ed oggi, in Italia, di vere inchieste non se ne leggono molte. Stavo pensando a questa cosa quando ho letto un articolo apparso sul Corriere della Sera il 28 aprile. Niente di tremendo. Niente mafia o corruzione. Solo un piccolo ma - in termini di metodo - illuminante articolo sui rave. Il fatto che l'argomento non sia di quelli pericolosi non giustifica, a mio parere, né l'imprecisione di chi scrive né la disattenzione di chi legge. Anzi. E' un'aggravante: proprio perché il giornalista in questi casi non sta rischiando nulla potrebbe anche impegnarsi un poco di più e magari scrivere la cronaca puntuale e non grottesca di una sua esperienza. Ambra Craighiero, autrice del suddetto articolo, parte cauta. Si avvicina con passo felpato all'argomento con un titolino delicato delicato: "Dentro un rave illegale, dall'sms alle anfetamine. Ecco cosa accade". Wow! Qui non si scherza. Questa è roba che scotta, ragazzi. L'Ambra, sprezzante del pericolo, si è "infiltrata" in un selvaggio bosco tra Alzate Brianza e Cantù a caccia di rave "a base di musica techno". Niente di meno! Ma non basta: "Per confonderci abbiamo indossato la felpa con il cappuccio in stile 'Paranoik Park' e ci siamo introdotti tra alcuni ragazzi diretti al party segreto". Questo è vero giornalismo d'assalto: l'Ambra è entrata in contatto con i temibili ragazzi del party segreto e - mi sciolgo dall'ammirazione - s'è comprata pure la felpina. E poi "Raggiungiamo a fatica il luogo nascosto (...) Centinaia di ragazzi con il cappuccio della felpa sopra la nuca ballano a due dita dalle casse e dai diffusori di techno." Daje co' ste felpe...però una cosa non l'ho capita: che differenza c'è tra casse e diffusori techno? E poi deduco che dalle casse non esce techno...quindi dai diffusori esce techno e dalle casse no...ma che cavolo di casino c'era quella notte tra Alzate Brianza e Cantù?. Bah. Ahò, questa sta a documentà, la fai finì o no?! "Lo faranno per ore senza staccarsi mai, sotto l'effetto dell'ectasy o della anfetamina che dura anche 12 ore. Qui, la droga di ogni genere si consuma ritualmente: in coppia, a gruppi, da soli. Sono quasi le 3 di notte e qualcuno cerca di scaldarsi con i due fuochi accesi per affrontare il freddo che è ancora proibitivo." Quindi ricapitoliamo: centinaia di ragazzi felpa-dotati pieni di ecstasy stanno in condizioni da Campagna di Russia mentre ascoltano musica vicino a diffusori che trasmettono techno e le casse emettono non si sa che. Ma ecco il finale lirico: "Alle 4 il cielo era stellato, molti di loro erano stesi per terra." Sai com'è Ambra...alle 4...un po' di sonno magari...no? Ora la mia domanda è: ma questo articolo perché è stato pubblicato? Perché se questa fosse cronaca dovrebbe quantomeno essere obiettiva e lasciare al lettore un margine di giudizio. Ma dicendomi che questi ragazzi partecipano a rave illegali sfondandosi le orecchie e riempiendosi tutti quanti allegramente di droga in mezzo al fango che idea mi posso fare? Se l'articolo non mi facesse così ridere potrebbe sembrarmi lievemente di parte. E magari mi potrebbe anche far sorgere il sospetto che sia un articolo che non deve informare ma generare un'idea preconfezionata in chi legge. Tanto è facile no? Gli ingredienti ci sono tutti: il bosco di notte, l'illegalità, l'alcol, la droga e la musica che pompa ad alto volume. E poi è così comodo scriverci sopra un pezzo: essendo nel bosco o in fabbriche dismesse non si rischiano fastidiose querele dai titolari di locali alla moda; non essendo autorizzati da carte bollate e permessi comunali i rave si possono definire tranquillamente "illegali" che fa sempre il suo effetto; non essendo frequentati da politici non c'è rischio e si può tranquillamente scrivere qualsiasi cosa che tanto nessuno protesterà in modo rumoroso. Ma si dài Ambra, spariamo sui ravers, la nuova frontiera dell'inchiesta italiana. Tanto non ci sentono più a forza di stare "a due dita dalle casse e dai diffusori di techno".

- Articolo completo
- Foto (pronti per roba veramente impressionante?)

giovedì 8 maggio 2008

Elogio del Borderline

Dedicato a tutti gli irregolari

Siamo alieni che non conoscono la lingua
Pecorelle smarrite e maliziose
Casi molto umani e fieramente irrecuperabili
Perché tornare indietro se qui si sta così bene?
Preferiamo il buffet agli invitati
E la persona al suo vestito
E' per questo che ti guardiamo negli occhi
E' per questo che ti ascoltiamo quando parli
Ed è per questo che hai paura, vero?
Schegge rinsavite che giocano con le pozzanghere
Esemplari senza codice né proprietario
Gli ombrelli non si usano
Perché la pioggia è un regalo
Sai che differenza c'è tra Oggi e Domani?
La stessa che c'è tra Imprevisto e Imprevedibile
Non firmiamo contratti finché morte non vi separi
Non puliamo la casa dimenticando di pulire il corpo
Non rinunciamo a noi per avere un salotto con vista autostrada
E il sesso ci piace perché siamo giocosi
E il cibo ci piace perché siamo golosi
Re senza corona
Ogni cosa ci appartiene
La paura non fa paura
E la paura di lasciarsi non è la ragione che ci tiene insieme
La distanza da chi amiamo rende solo la nostra casa più grande
Perchè la nostra casa non sono le pareti
E questa sera è speciale
Perché questa sera
Sta avvenendo ora
E noi siamo qui

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Una piccola candela sul tavolo
e guardarsi intorno in una sera di maggio.

La vita è il più bel posto dove vivere.

domenica 27 aprile 2008

Il fiore di un attimo


L'acqua si tinse del colore dell'inchiostro
Ed il sentire si confuse con un po' di umidità
Le piccole mosche arrivarono di notte
Cercavano distrazione per iniettare nero umore
Raffinato è il macchinario, indifesa la delicatezza
Senza far rumore sfruttano la stanchezza
Volano indisturbate nella mente di velluto
E ciò che fai diventa ciò che non vorresti fare
Ciò che mangi ciò che non vorresti mangiare
Ciò che dici ciò che non vorresti dire
Spostai l'attenzione sulla mia mano che afferrava un libro
L'alibi è la scusa di una scusa
La stretta tra la bocca dello stomaco e il diaframma
E mi accorsi di me
Mi accorsi di te
Io non ho mai regalato fiori
La mano afferra il libro ma non lo comprerà
Questa sera ho petali arancioni per te
Lascio che accada
E servo cibo insipido alla rabbia
Il tuono non è il temporale
E la pioggia mi servirà per tenerti abbracciata più forte di così
Naturale come il respiro, le dita e il suono del cuore
C'è tutto il tuo sguardo nel tuo guardare
E mi addormento così
Mettendo il naso nel tuo orecchio

domenica 20 aprile 2008

Appunti psicoacustici #2

Cosa: Reckoner, Radiohead
Dove: Milano, Parco Nord
Quando: Martedì, ore 9.40, Aprile
Note: Piove sui vetri, le macchine sollevano acqua, sfumature di umidità, un ciclista pedala senza tenere le mani sul manubrio, il punto che collega la ruota al semiasse, non sembra luce solare, non sembra rumore

lunedì 14 aprile 2008

Buon Giorno

Le tende vestono di bianco il vento
come latte al sole del mattino.
Il sacro è in una tazza,
in un biscotto,
la goccia in un bicchiere.
Frutta gialla in succo,
petali di cereale,
fermenti in latino
e miscele colombiane.
Ciò che mangio
proviene dalla Storia.
La tavola è una meraviglia
e 'Buongiorno!'
dicono gli occhi
allo sbocciare del tuo sorriso.
Altrove non esiste,
e ciò che ho è qui.
Metto in frigo le cose colorate
e vedo le ossa piccole della mano
illuminate.

sabato 22 marzo 2008

Caro Presidente del mio Paese...

L'altro ieri ho sentito per radio la dichiarazione che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rilasciato in Cile durante una conferenza stampa. Questa è la sua dichiarazione:

"Sentiamo che c'è una difficoltà di comprensione della politica: c'è il distacco, c'è anche un elemento di pregiudizio - sia chiaro - nei confronti della politica, abbondantemente inoculato anche da cose che si leggono qua e là e che rappresentano il Parlamento, diciamo, come una specie di corporazione di fannulloni avidi. Se questo è il Parlamento, forse ci sarà chi penserà - voglio sperare, non l'autore di quegli articoli - che il Parlamento tanto vale chiuderlo."

Cinque minuti fa ho spedito al Presidente della Repubblica la lettera che allego qui sotto:

Caro Presidente del mio Paese,
L’altra mattina ho sentito per radio la Sua dichiarazione dal Cile sulla disaffezione che gli italiani sembrano maturare nei confronti della politica e delle sue istituzioni. In quella dichiarazione Lei sosteneva che ci sono persone che disegnano i parlamentari come una “corporazione di fannulloni avidi” e qualcuno potrebbe anche pensare, per questo, che il Parlamento tanto varrebbe chiuderlo. Ora, evito il solito tono da imbalsamato rispetto con cui la gente si rivolge a Lei che tutto sembra tranne il comunicare con una persona in carne ossa e cuore e arrivo subito al dunque. Io trovo che Lei sia riuscito con questa dichiarazione a toccare la superficie di un problema molto grave perdendo l’occasione di dire qualcosa di storico. La Sua frase è un involucro attraente che non contiene nulla. E’ ovvio che pensare di chiudere il Parlamento sia qualunquismo, ma non è altrettanto evidente che il riportare un pour parler da bar (“corporazione di fannulloni avidi”) come fondamento di una reazione qualunquista (chiusura del Parlamento) sia anch’esso qualunquismo? E’ possibile che Lei, come mio Presidente, non entri nel merito delle cose? E’ possibile che si lasci ingabbiare da questo ruolo istituzionale del “meno dico e meglio è” e non esprima un solo giudizio sull’evidente ingiustizia che ogni giorno ci viene propinata come politica? E’ giusto secondo Lei che i Parlamentari italiani siano tra i politici più pagati d’Europa? E’ giusto secondo Lei che i Parlamentari italiani maturino in pochissimo tempo pensioni imbarazzanti? E’ giusto secondo Lei che i Parlamentari italiani e relativi parenti godano di privilegi che il cittadino nemmeno si sogna? Lei pensa che questo sia qualunquismo o un problema reale? E se pensa che sia un problema perché non ne parla con la giusta dose di incazzatura che mi aspetterei dal massimo rappresentante del mio Paese? Io trovo che sia semplicemente una vergogna. E Lei anziché entrare nel merito della questione cosa fa? Parla di “comprendere le ragioni di disaffezione e di disincanto per gettare un ponte di dialogo soprattutto con le nuove generazioni". Ma di cosa sta parlando? Prima di pensare alle nuove generazioni pensi alle persone che tra pochi giorni saranno chiamate ad onorare il rito della democrazia con il proprio voto e provano una senso di disgusto verso chi da decenni siede in Parlamento ed oggi, sui cartelloni pubblicitari, propone progetti che in tutti questi decenni non è stato in grado di realizzare. Obiettivamente, è serio tutto questo? E’ serio farsi rappresentare da una classe politica che ha permesso si verificasse una situazione come quella della spazzatura a Napoli, la sua città? E’ serio farsi rappresentare da chi, nel tempio della laicità di uno stato laico, il Parlamento, dice che si fa ispirare nelle sue scelte di voto da una religione? E’ serio farsi rappresentare da chi ad ogni referendum propone il mare come alternativa possibile? E’ tutto sotto gli occhi di tutti, Presidente. Anche i Suoi. Queste sono le curiose ragioni di disaffezione, non il risultato di qualche articolo sopra le righe. Sa cosa penso io? Penso che la rappresentatività sia un concetto molto semplice: per diventare rappresentativo della società italiana il Parlamento dovrebbe quantomeno essere un campionamento fedele della società stessa. Le pare che il nostro Parlamento lo sia? Non le sembra anormalo che nel mio e nel Suo Paese le donne non rappresentino il 50% dei parlamentari ma una timida proporzione da riserva indiana? E se è vero che la percentuale dei lavoratori precari o a tempo determinato è ormai enorme, dove sono in Parlamento? E se gli stipendi dei parlamentari fossero calibrati sulla mediana (badi bene, la mediana non la media) degli stipendi italiani, non sarebbe più onesto?
Il vero beneficio al mio e al Suo Paese può venire solo da scelte che colpiscono al cuore questo sistema che prende in giro le stesse persone che lo finanziano: noi. In molti stati europei tutto questo è norma e non follia qualunquista. Si esprima pubblicamente su questo, Presidente. Parli di ciò che è reale, di ciò che lei sa bene, di ciò che questo Paese sente. Un’ultima cosa: quando era Presidente della Repubblica Sandro Pertini io ero piccolo però mi piaceva quando parlava in televisione e capivo quello che diceva perché le stesse cose le dicevano a casa i miei genitori. Si arrabbiava se c’era da arrabbiarsi e dava la sensazione di sentire quello che succedeva in Italia. Faccia anche lei così, Presidente. Si arrabbi, perché se non lo fa Lei oggi, domani lo farà qualcun’altro e sarà tornare al buio della violenza che non sente ragioni. Un saluto da chi la considera, prima di tutto, una persona che vive e sente questo Paese.
PS: se Lei o chi per Lei leggesse questa mail e volesse rispondere con modelli precompilati o con frasi rassicuranti e paterne, per favore, lasci perdere. Non mi risponda perché non ho bisogno di questo.

mercoledì 19 marzo 2008

David Bowie's chunk #1

And when I get excited
My little china girl says
Oh baby just you shut your mouth
She says... sh-sh-shhh
(David Bowie, China Girl, EMI 1983)

domenica 16 marzo 2008

La regola

Sembra che nasca da un gomitolo di nuvole,
per svanire nelle note di un attacco di basso.
Gli alberi lungo il crinale,
la strada che ho davanti.
Auto che seguono le auto.
Sta per arrivare
con tutti i suoi colori.
La pelle è il sesto senso.
Il pensiero può toccare solo
ciò che è già passato.
L'esplodere violento del giallo di forsythia.
L'offrirsi voluttuoso di magnolie appena schiuse.
E nell'aria l'erotismo del risveglio,
la pancia degli uccelli,
l'azzurro prepotente
che quasi mi fa male.
Ed è sentire mentre sento.
Perché sentire è lasciar che accada.
Il bello è la regola.
Fai attenzione.

martedì 11 marzo 2008

TV e l'insostenibile pesantezza del nulla

RAI 2: X Factor. Solito format. Emozionale, stile americano tutto energia, luci flashanti e pubblico che ulula. Poi arrivano loro, i protagonisti. I giovani che cantano! Che bello, il giovane che canta le canzoni famose. Mica le sue. E' come essere all'oratorio. Dai che cantiamo tutti insieme! E io mi sento seduto in fondo al pullman durante la gita delle medie. Che c'era sempre uno che andava a judo. Che bello, dai che cantiamo! Il montaggio è roba seria. C'è tutto: il backstage con i giovani seduti sullo schienale del divano che dicono frasi fuori contesto; la preview sulla vita del cantante che ha sempre ragioni eroiche per cantare ("è una donna metalmeccanico" oppure "sono del salento", bah); la ripresa sugli occhi e la posa di sfida degna di Mazinga Z con tanto di cuore pulsante in sottofondo. A un certo punto presentano un tipo dicendo che ha preso tanti calci in faccia (!) dal mercato discografico ed è stato penalizzato solo dal suo aspetto. Porca vacca chi sarà mai! Mi aspetto un alternativo di quelli cazzuti, un tripode senza occhi, un mostro con due palle così e chi ti entra? Un tipo un po' grasso col cappello di lana. "Ho perso pure venticinque chili". E io me lo vedo 'sto ragazzo che rinuncia alla pastiera di mamma perché deve sfondare, perché deve andare su RAI 2 a cantare metà canzone che pietrifica i maroni. Questa è gavetta. Questo è il sacro fuoco dell'arte. E poi si piange! Ma quanto se piagne! E quella che parla a sua madre. E quello che parla a suo padre. E quello che parla a sua figlia. E piange la mamma, la zia, la nonna anziana e pure quella seduta lì vicino che manco li conosce però...già che c'è...un pianterello...ma si dai che te frega. E gli sguardi dei giovani. In questo momento stanno inquadrando uno di un gruppo che sembra un bovino. Tutto corrucciato pare che il suo lessico sia composto solo dalle parole "cibo", "cacca", "donna", "sgrunt". Ma che bello cantare! E che bella la gioventù! Ma vogliamo parlare del presentatore? DJ Francesco cresimando? No non ne parliamo. Parliamo però dei giudici di gara. Una non la conosco ma sembra un incrocio tra Iva Zanicchi e mia zia. L'altra è la Ventura che s'impegna a dire cose sentite ma non ce la fa. E poi lui. La sorpresa della serata. Morgan. Moooorgaaaannn!!! Quello dei Bluvertigo? Quello che sa suonare bene tutto? Quello che scrive poesie e incide album solisti anche belli? Quello che sembrava fuori da tutto questo showbiz genere amateur in salsa di Furore? Si. C'è dentro anche lui. E si trova a suo agio in questo psicodramma dove non capisci se ti stanno prendendo in giro o si stanno prendendo in giro tra loro. Lo spettacolo non contiene nulla. Solo luci, colori, lacrime e stati d'animo a comando. Ora piangi. Ora ridi. Stop. Ancora. Basta così. Puoi andare. E un bell'applausooo. La sensazione è quella che avevo quando da bambino andavo in chiesa e c'erano giovani con evidenti scompensi ormonali - non avevano mai la barba - che suonavano la chitarra e cantavano beati durante la messa. Alla seconda canzone, io undicenne, pensavo in quanti modi si potesse usare quella chitarra in modo improprio, e del tutto illegale, per farli smettere. Oh! Che peccato. Involontariamente ho spento la tv. E vabbè, dai. Non sarà per un'altra volta.

domenica 9 marzo 2008

Federico


Fede si fa chiamare cinghiale.
Fede parla di sesso battendo forte la mano sul tavolo.
Fede conosce tante persone.
Poche persone conoscono Fede.
Io e Fede camminiamo la notte sui Navigli.
Io e Fede sappiamo cos'è un patator.
Io e Fede rubiamo pasticcini alle feste altrui.
Io e Fede mangiamo Sacher sul marciapiede.
Io e Fede nutriamo ciò che amiamo.
Fede è odiato dai cani.
Fede ha lo zaino dell'Invicta che pesa quanto un vitello.
Fede tiene il marsupio sulla spalla.
Fede in casa porta occhiali da bambino.
Fede, per un istante, ti guarda come un bambino.
Fede tornò dalla cucina con un pacchetto di stagnola per me.
"E' metà torta che mi ha fatto mia mamma".
Fede non dimentica.
Fede non è per tutti.
Fede è mio amico.
E io ne sono felice.

PS: ...e se solo cambi di una virgola ti dò un sacco di botte.

domenica 2 marzo 2008

194

Arriverà il giorno in cui in Italia le leggi si faranno solo per migliorare le condizioni di vita delle persone? E perché quando si tratta di scelte personali c'è sempre qualcuno che fa rumore, che interviene senza richiesta, che non ha il minimo rispetto verso chi ha il diritto di essere lasciato in pace? Non sanno nulla e parlano così forte. Esiste una legge che regolamenta l'interruzione di gravidanza. E' una legge che ha permesso a tante donne di non pagare con la vita la responsabilità di una decisione. E' incivile questo? E' così difficile pensare che compito di uno stato non sia quello di giudicare le ragioni di una scelta ma di mettere le persone nelle condizioni di poter fare tale scelta in piena dignità e sicurezza? Eppure ci stanno provando in tutti i modi. In un paese come il mio, che si definisce moderno ed avanzato, nei dibattiti sull'aborto le donne, quelle normali, quelle che rappresentano la metà della popolazione di questo paese, non vengono quasi mai invitate. Al loro posto siedono uomini di chiesa che - per loro scelta - non proveranno mai la bellezza o l'orrore di un rapporto sessuale e uomini di politca terrorizzati dall'assumere una posizione netta per non scontentare nessuno. E non hanno pudore. Non hanno misura. Si credono i detentori di qualche ragione superiore e, campioni di sensibilità verso chi di questa scelta si assumerà tutta la responsabilità e non chiede altro se non un po' di calore umano e comprensione, pubblicano manifesti per la difesa dei diritti civili dell'embrione e nelle scuole proiettano video di interruzioni di gravidanza per far vedere bene come muore un feto. Perché tutto questo? Le donne non possono decidere da sole del proprio corpo e nemmeno di ciò che è corpo del proprio corpo perché dev'esserci sempre qualcuno - generalmente maschio - che decide per loro. Le ragioni di un aborto non sono discutibili perché non esistono buone o cattive ragioni, esistono solo ragioni personali. E per ragioni personali non intendo solo ragioni considerate "gravi" e quindi, secondo una logica perversa, accettabili. Esistono anche ragioni altre, come ad esempio abortire perché non te la senti ora di diventare madre. Bisogna vergognarsi di questo? Bisogna far sentire mostri delle persone normali? Una madre non convinta oggi non è migliore di una donna che si dà, rispettando la legge e la sua coscienza, il tempo per essere convinta domani. E forse felice. La responsabilità è sentire che hai il potere di decidere della tua vita e del tuo corpo e la civiltà di uno stato è misurabile da quanto tuteli, con gli strumenti del diritto, questa responsabilità. Eppure ogni giorno, martellante e continuo, l'intervento del vescovo, del cardinale, del papa in prima pagina. Le loro dichiarazioni in Francia, in Olanda, in Germania, in Inghilterra, in Belgio non occuperebbero più di un trafiletto a fondo pagina perché sarebbero considerate espressioni di un credo personale, una legittima posizione di una parte che nulla ha a che fare con lo sviluppo laico di uno stato moderno. Perché tutta questa importanza? Perché trattare con la stessa rilevanza il commento di un parlamentare che è il primo responsabile della qualità della vita nel mio paese e il parere di un rappresentante della chiesa che parla un linguaggio arcaico e incomprensibile e delle religioni rappresenta solo una parte? E gli uomini? Dove sono gli uomini? Quelli che ogni giorno vivono con una donna e con una donna condividono i momenti dell'essere qui e ora insieme. Non vi fa schifo che perfetti sconosciuti parlino di tutto ciò che non sanno e non sapranno mai e con la sicumera di chi perde l'ennesima occasione per stare zitto decide di limitare la libertà della vostra ragazza, della vostra compagna, di vostra moglie per ragioni di opportunità politica? Ci sono cose che vanno avanti anche per l'indifferenza passiva di chi pensa che tutto sommato non sia così importante occuparsene perché qualcuno prima o poi ci penserà. Essere indifferenti però non vuol dire essere neutrali. Essere indifferenti vuol dire "lasciarglielo fare". E il bombardamento mediatico ha proprio l'intento di sfiancare il destinatario dell'informazione, di annoiarlo in una misura tale da fiaccarne la capacità di ragionamento e il senso civico. E, piano piano, grazie all'indifferenza che ormai infetta il mio paese, glielo "lasceremo fare". Anzi, glielo "lasceranno fare".

venerdì 15 febbraio 2008

Il frutto

Dal frutto del mio albero
è nato il ramo
che sottile è germogliato
in un ramo più robusto.
Dal ramo più robusto
è nato il fusto
che nella terra
ha sentito il suo richiamo.
Non dalla luce.
Non dal colore.
Ma da ciò che non si vede
nasce il misterioso fiore.
Ora da qui, seduto sul divano,
vedo la montagna.
C'è neve sulle cime
e calore nella casa.
Il mistero è nelle radici,
la forza nel fusto,
la magia nelle foglie,
la poesia nel fiore,
la gioia nel frutto.
Come l'albero trasforma in zucchero la luce
tu dell'attimo regali il suo scoprire.
Tu sei il fiore da cui nasce il frutto del mio sentire.

venerdì 1 febbraio 2008

Fiori di vetro

Nei giorni sempre uguali,
nella discussione evitata,
nell'abbraccio abituato,
nell'amore non amato,
la disperazione si traveste di quiete.
Ma i fiori di vetro
non hanno profumo
e un mostro si nasconde
in ciò che resta immobile.

sabato 12 gennaio 2008

Persone bizzarre

Conosco persone bizzarre. Nulla di loro attira l'attenzione, ma sono strane. I maschi tendono a restare abbastanza anonimi, le femmine invece spesso si riconoscono nel loro stato di non-divertimento e gradiscono condividerlo formando gruppi molesti e pigolanti di mal comune mezzo gaudio. Intervenire nelle discussioni di questi gruppi di auto-aiuto esistenziale senza farne parte è sempre molto rischioso: ogni cosa tu dica sei sempre inadeguato. "Parli così perché non sei sposato", "Ti comporti così perché non hai i figli", "La fai facile tu che non hai responsabilità" e via di questo passo. Generalmente amano parlare dei loro quasi-mariti o mariti conclamati come farebbero delle tutrici di invertebrati. Tutte eccitate si scambiano avvincenti aneddoti sulla pulitura dei vetri delle finestre e sui pranzi con suoceri e nipotini come se avessero appena corso in macchina - e vinto - contro Vin Diesel. Ma il massimo lo raggiungono quando parlano dei preparativi del grande evento: il matrimonio. Il matrimonio è visto come fosse un merito. Il raggiungimento dell'obiettivo. L'auto-evidente esempio di maturità conquistata. E in effetti quando si sposano qualcosa cambia. Svanisce in loro la voglia di piacere. E' come se il vincolo ufficiale diventasse l'unica ragione dello stare insieme. Prende il posto dell'attrazione reciproca e si assiste, anche da un giorno all'altro, all'imbruttimento progressivo. Io li vedo sui treni, sulle metropolitane, al lavoro questi mariti maleodoranti e queste mogli decadenti. Ma perchè si riducono così? Nei loro occhi non c'è più traccia di divertimento. Perché è passata l'idea che per essere persone adulte si debba smettere di divertirsi? Perché si pensa che la noia sia un inevitabile destino ed il sopportarla una virtù da coltivare? Ti guardano coi loro occhi vacui e ti parlano - quando ti parlano - con tono di paziente comprensione. Ti fanno vedere le loro foto delle vacanze nei villaggi turistici, ti raccontano aneddoti noiosissimi di vita vissuta e dopo un po' cominci ad avere il dubbio che il marziano sia tu. Se poi c'è una cosa che davvero mi innervosisce è l'album del matrimonio. Stanno lì, i due sposi, immortalati in pose napoleoniche mentre spuntano da un cespuglio oppure informali e gaudenti mentre lei ride e lui l'abbraccia con la passione di un attore porno che quel giorno non c'ha proprio voglia. E poi i bambini che la sposa guarda in previsione materna mentre loro, nani da giardino vestiti di bianco, si mangiano voraci i fiori degli addobbi. E poi non ho mai capito perché lo sposo si fa venire sfoghi da contaminazione radioattiva sul collo. Ma è possibile che proprio quel giorno debba decidere di andare dal barbiere che userà immancabilmente soda caustica come dopobarba? Ma tutto questo non è imbarazzante? E' possibile che si trovi bello un album dove due persone mettono in ridicolo i propri sentimenti riducendoli a caricatura? E' questo che vogliono ricordare negli anni a venire? La risposta, più o meno conscia, è sempre la stessa: "si fa perché lo fanno tutti". Che persone bizzarre.

domenica 6 gennaio 2008

La manutenzione del dire

L'altro giorno ero in autostrada ed ascoltavo una frequenza Rai. Ad un certo punto annunciano il collegamento con un colonnello che presiede qualche ufficio per il controllo viabilità autostradale. Questo parte e parla per un quarto d'ora liquidando la ragione fondante del suo intervento in una frase ("Per fortuna ha smesso di nevicare in Piemonte") per poi proseguire con gli avvertimenti da consumato pilota ("Se nevica consiglio di mettere le catene"), da tecnico sopraffino ("Con le gomme sgonfie la macchina va peggio") e concludere con quelli da minaccioso patriarca ("Raccomando vivamente che prima della partenza la macchina sia ben equipaggiata". Un estintore? Un cd di Biagio Antonacci? Una fiocina? Una porchetta col limone in bocca? Cosa cavolo ci devo mettere in una macchina perché sia "ben equipaggiata"?! Non l'ha detto...). E' stato estenuante. Non la smetteva più di ripetere le stesse cose. Questo colonnello poteva ridurre il suo intervento a quindici secondi esatti ma ha riempito il silenzio di nulla per quindici minuti. Io volevo sapere qualcosa sulla viabilità e alla fine ero concentrato - e preoccupato - su quanto fosse "ben equipaggiata" la mia auto. Il problema è che questo lo si può riscontrare sempre se si fa un po' di attenzione. Si è letteralmente immersi in un oceano di parole: dibattiti, approfondimenti, telegiornali, pubblicità... E tante più parole vengono prodotte nell'unità di tempo tanto più risulta difficile trovare osservazioni originali. Ma non voglio parlare di questo. Voglio parlare invece di un effetto secondario che mi sembra ancora più grave: a forza di usarla la parola è diventata il fine ultimo di sè stessa. Oggi se pensi che qualcosa sia sbagliato, se pensi che qualcosa non funzioni non ti devi preoccupare: qualcuno parlerà in televisione a lungo di qualcosa d'altro - magari in termini allarmistici - e tu ti dimenticherai presto del tuo problema. Se proprio non riescono a farti dimenticare il tuo problema ti dimostreranno che nel mondo esistono altri problemi più importanti, più gravi, addirittura irrisolvibili. E tu stai ancora a pensare al tuo problema? Si è ridotto il concetto di stato democratico a luogo dove è possibile dire ciò che si vuole e non di luogo dove si fanno scelte di interesse comune basandosi sulla volontà della maggioranza dei cittadini. Basta il semplice dire per fare respirare a tutti aria di democrazia. Non conta molto quello che tutti i giorni hai davanti agli occhi, non ti fa più arrabbiare quello che vedi, ciò che conta oggi è il sapere che qualcuno in televisione o sui giornali sta parlando di qualcosa. Per capillarità, come una membrana cominci ad assorbire idee che arrivano chissà da dove e quasi ti vergogni se non ti appassionano i particolari dell'ultimo delitto in famiglia già sulla bocca di tutti. Piano piano ti crei un senso civico che non è più tuo ma è perfetto per sorbire efficientemente questa informazione che alimenta se stessa. Questo genera un effetto calmante in chi ascolta: ci si sente al sicuro e parte di una stessa comunità che ride alle stesse battute, usa le stesse parole e si convince di sentire le stesse cose. E' sufficiente vedere in televisione gente dal linguaggio convincente per sentirsi in qualche modo tutelati, per pensare che senza dubbio c'è qualcuno che sta lavorando per noi ed avrà sicuramente la situazione sotto controllo.
Io credo che il difficile delle cose non sia parlarne. La parte davvero difficile è la manutenzione. Perché manutenere significa avere cura ed avere cura significa sentirsi coinvolti, far parte di qualcosa e quindi esserne responsabili. E la manutenzione del dire è il fare. Tu puoi presentarti come la persona più convincente del mondo ma se il tuo passato è costellato di scelte non fatte, problemi lasciati ammuffire, paure non affrontate per pigrizia o vigliaccheria, tutto questo non farà che di te una persona poco seria. Sotto la lente rigorosa del fare le parole si sbriciolano, persone magnetiche e dal linguaggio efficace si trasformano in miserabili e persone su cui non avresti mai scommesso nulla, magari solo per colpa della superficie e dell'apparenza, divengono degne della tua fiducia. Io cerco di fare ciò che dico perché lo ritengo un modo serio di comportarsi e perché mi fa sentire a mio agio col me stesso che mi ospita. E soprattutto è il miglior antidoto contro l'abitudine al degrado, alla supponenza ed alla miseria che ogni giorno vedo nel mio Paese che attende la fine dormendo sonni da tranquillante davanti alla tv accesa.