venerdì 29 agosto 2008

I tramezzini

Ricordo con una punta di malinconia quando, alle scuole medie, durante la ricreazione spuntava da chissà dove Cestone. Cestone era un ragazzone alto, con i capelli lisci e neri, la pelle chiara e le lentiggini. Emanava un marcato odore di mucca ed aveva un piccolo difetto di pronuncia che lo portava a proferir le parole - urlando - dimenticandosi la lingua tra i denti. La conseguenza era che un suo "Ciao" diventava un "Tao" e già uno sputazzo sostava sulla tua camicia. Per questo Cestone non aveva un grande entourage di amicizie ed io che non amo né le mucche, né l'odore delle mucche, né la saliva degli sconosciuti sulla mia camicia non lo frequentavo con assiduità. Ma perché parlo di Cestone? Perché Cestone, al suono della campanella, veniva in classe con una cassetta di plastica rossa e si posizionava in fondo all'aula. Nella cassetta c'erano, avvolti in candidi fazzoletti di carta morbida e stagnola, pile ben ordinate di tramezzini fatti dalla mamma. Io la mia merenda ce l'avevo sempre però qualche volta ho comprato i tramezzini della mamma di Cestone ed erano...fantastici. Mentre li divoravo con foga lasciando che la maionese prendesse vie inattese e pensando, mostruosamente avido, "mio mio mio, tutto mio!", ero già convinto che un sapore così non l'avrei mai più gustato. Era vero. Oggi i tramezzini confezionati non hanno più quel sapore e dopo un'attenta analisi posso concludere che la ragione è una. Ma arriviamoci per gradi. Prima di tutto sfaterei il mito della genuinità degli ingredienti base dell'imbottitura. Non raccontiamoci bugie: il prosciutto cotto, il formaggio, il salmone, ecc. non erano prodotti di Casa Cestone e questi non credo che pesassero fortemente sul sapore finale del triangolo libidinoso (...il tramezzino intendo). Il pane nemmeno perché si tratta pur sempre di pan carré industriale privato della parte scura più esterna. E allora cos'era? Si, manca una sola cosa. Lei, signori, la maionese. Io sono sicuro che la mamma di Cestone la facesse in casa. Sapeva di uova fresche, restava compatta ed era così buona che tendevo a leccarla anche quando imbrattava guance non mie. Oggi i tramezzini sono altro. Il nome e la forma non sono cambiati ma sono diventati...volgari. Aggressivi nei colori, rigonfi nelle dimensioni e confusi nel contenuto. Per capire cosa c'è dentro devi leggere l'etichetta e lei, la maionese, da comprimaria di classe che era è salita al ruolo di ingrediente principale che tutto avvolge e stravolge. Ma quella roba non è maionese. Finge subdola di esserlo ma non lo è. Prima di tutto è bianca. Perché, falsa salsetta, sei bianca se i tuorli d'uovo sono arancioni? Eh?! E poi perché impasti tutto in quel modo osceno rendendo l'elegante trilatero una molle ed informe orgia alimentare? Ecco, se prima la maionese era quell'ingrediente viziosetto nel panino morigerato, quel diavoletto malizioso nel casto mangiare che in dosi limitate dava il gusto del proibito, oggi è diventata una meretrice da sbarco che più ti fa vedere e meno ti attira. L'altro giorno, in un supermercato, ho coinvolto Moreno in un'accurata analisi: cercare tramezzini senza questa ignobile menzogna, socialmente inutile, sedicente 'maionese'. Chiamatela 'Salsa dipiùnonsofare', 'Spumetta venutamicatantobene', 'Mousse chenonnaèmegliosenonlamangia'. Niente. Tutti i tramezzini sono impestati dall'infida mollezza che tanto promette e nulla mantiene. Ti disprezzo finta maionese da tramezzino e non ti compro nemmeno se fossi l'ultima cosa da mangiare sulla Terra. Altezzoso ti snobbo, guardo e passo, resisto stoico alla fame e alla tua voce, anche quando il tramezzino fetente cerca di irretirmi con le bandierine (tra l'altro: perché trovo sempre le stesse? Bah). Io ho il ricordo dei fanta-tramezzini della mamma di Cestone. Quella sì che era roba professionale e non tu che volgare impasti mollosa il misterioso contenuto del triangolo del piacere (...ed intendo sempre il tramezzino, perbacco!).

venerdì 22 agosto 2008

Dedicato ad Alexander Supertramp


"La felicità è reale solo se condivisa"





mercoledì 13 agosto 2008

Io e te

Quanti tramonti abbiam perduto
E quante albe abbandonato?
Quanti temporali neri sono esplosi
E quanta lucida rugiada è evaporata?
Ma noi dov'eravamo?
Io e te eravamo lì.
Non per sentir ciò che tutti han già sentito.
Io e te eravamo lì come meravigliosi amanti.
Gli amanti che non sentono più lo stesso temporale
da quando il suono del tuono
ha colto il loro viso affondato in un abbraccio.
Gli amanti che non vedono più lo stesso tramonto
da quando il rosso di un raggio la sera
ha sfiorato la pelle dei loro corpi abbandonati.
Gli amanti che non toccano più la stessa rugiada
da quando l'aria umida del mattino
li ha sorpresi ad intrecciare dita come rami.
Ecco dov'ero io. Ecco dov'eri tu.
Brucino le poesie e brucino i poeti.
Bruci l'aria e in aria brucino i tramonti.
Bruci pure tutto ciò che è raccontato,
che non è vissuto,
tutto ciò che non è mai esistito.
Io tocco la preziosa trama delicata
delle vene che il tuo corpo ha costruito.
E sento il tuo respiro farsi lento
nella notte che porta i sogni al sonno
ed al mio orecchio il suono del tuo cuore.
Posso desiderare di più?
Resto qui a guardarti
e ti vedo dormire come dormivi da bambina.
E forse il sole è già sorto.
E forse la rugiada è già svanita.
Che differenza fa?
Il mio mondo è tutto in ciò che amo
e tra un attimo,
un solo attimo,
vedrò il mio mondo che nasce
nel tuo più bel sorriso.