lunedì 25 luglio 2011

Amy Jade Winehouse

E' interessante leggere gli articoli scritti in questi giorni sulla morte di Amy Winehouse. C'è chi usa commenti come "Devastante" (Gino Castaldo) oppure chi crea paralleli numerologici con artisti che muoiono a 27 anni come Hendirx, Morrison, Joplin, Cobain (TG1 delle 13.30 di domenica 24 luglio). Personalmente penso alcune cose al riguardo: Amy Winehouse è stata una ragazza dalla voce particolare e con furbi produttori alle spalle. Non ha segnato la storia della musica, non ha ispirato folle di nuovi artisti. La sua tendenza all'autodistruzione era palese ma una cantante che decide di suicidarsi, una volta riuscita nell'intento, diventa una cantante che si è suicidata, non un mito. Trovo, anzi, sgradevole che si continui ad utilizzare l'argomento "vita di eccessi" come fosse un elemento da considerare nel curriculum vitae di una persona di spettacolo. Come se, ciò che non è riuscita a fare la cantante dal punto di vista artistico lo dovrebbe riuscire a fare lo stile di vita che ha scelto volontariamente di condurre. Troppo facile. Quando gli eccessi, le droghe, l'alcol, i farmaci sono importanti tanto quanto il prodotto artistico, quando ci si accorge che senza questi elementi sarebbe difficile avere ottime ragioni per parlare di un cantante, allora significa che c'è qualcosa che non va nella storia. Pur conoscendo lo stile di vita di Hendrix o Joplin o Morrison, il primo pensiero va alla loro musica e non a quanta droga fossero in grado di assumere in una sera. E questo non lo dico per accanirmi contro una persona che non c'è più ma solo per far notare quanta inutilità ci sia nel mondo della critica musicale, dove per poter parlare di qualcosa la devi far entrare per forza in una categoria. Il problema è che Amy Winehouse non fa parte della categoria dei miti ma della categoria di persone che a 27 anni decidono di andarsene. E questo, per me, sarebbe sufficiente.