martedì 19 aprile 2011

La tecnica del "Poliziotto buono, poliziotto cattivo"

Dopo aver discusso le tecniche "I problemi degli italiani sono altri" e del "Dito medio", oggi parleremo di una terza tecnica estremamente efficace: la tecnica del "Poliziotto buono, poliziotto cattivo". Prima di iniziare con l'analisi dettagliata, però, è bene fare una breve riflessione introduttiva. L'obiettivo di una strategia mediatica, ben prima del trasferimento di un messaggio, è la creazione di un contatto tra la sorgente di tale messaggio ed il suo target. I metodi per creare un contatto tra sorgente e target sono moltissimi anche se, in generale, la sorgente rappresenta la fonte di uno stimolo mentre il target il recettore di tale stimolo. Se lo stimolo funziona si genera nel target un effetto risposta, se non funziona il target rimarrà indifferente. L'instaurarsi di un effetto nel target, dunque, è la condizione fondamentale affinché si crei il "contatto" di cui sopra. Il famoso adagio "non importa se bene o male, l'importante è che se ne parli" è la sintesi esatta di questo concetto: usa qualsiasi mezzo per destare curiosità nel tuo target perché la curiosità è l'anticamera dell'attenzione e, come insegnano i venditori a domicilio, quando riesci ad infilare un piede nella porta sei già a metà dell'opera. Dunque, se vuoi essere ascoltato, la parola d'ordine è: infila il piede nella porta.

Come già anticipato sopra, i metodi per destare curiosità sono moltissimi, più o meno eleganti, più o meno discutibili, ma oggi parleremo di un metodo estremamente subdolo perché non crea un contatto attraverso una reazione singola e ben definita del target, ma attraverso la sensazione derivante da un contrasto tra due reazioni diametralmente opposte. Ma come funziona questa tecnica?

I passi da seguire sono essenzialmente tre:
1. Si sceglie un tema particolarmente delicato;
2. Si fa una dichiarazione estremista (poliziotto cattivo) prendendo una posizione netta e facilmente attacabile;
3. Si lascia divampare la polemica sui mezzi d'informazione per qualche giorno;
4. Si fa - o si fa fare - una nuova dichiarazione ridimensionando, chiarendo o, addirittura, negando (poliziotto buono) di aver prodotto la prima dichiarazione.

Questa tecnica è molto versatile e può essere applicata con alcune varianti. E' possibile, infatti, che la prima dichiarazione venga prodotta da un membro di partito per poi essere ridimensionata da un altro membro dello stesso partito. In alternativa, può essere prodotta da un membro di partito ed essere poi chiarita da un membro di un altro partito appartenente però alla stessa coalizione. Ma nulla vieta che lo stesso autore della prima dichiarazione ridimensioni, chiarisca, contestualizzi, precisi, smentisca, neghi la sua stessa dichiarazione.

Ma perché dovrebbe funzionare questa curiosa tecnica? Innanzitutto, tra la produzione e la smentita, cioè tra il punto 2. ed il punto 4., si rispetta la regola del sopracitato adagio: non importa come, l'importante è che se ne parli. La distanza tra il punto 2. ed il punto 4. corrisponde, infatti, all'intenso battage pubblicitario che a costo zero permette ai protagonisti di godere di un'esposizione mediatica pressoché continua. I giornali attraverso le loro più autorevoli penne iniziano a produrre editoriali di difesa o di accusa, di sdegno o di orgogliosa accettazione; le televisioni attivano i loro format d'informazione con interviste, servizi e dibattiti in prima serata e tutto questo spinge le persone a schierarsi, scegliere ma, soprattutto, parlarne. E, come d'incanto, nasce la curiosità verso un tema fino al giorno prima sconosciuto. E dove c'è la curiosità c'è anche... l'attenzione. Il piede nella porta è stato posizionato. La sorgente ha contattato il target.

Alcune persone si domandano come possa funzionare una tecnica che impone al singolo, al partito o alla coalizione di assumere un comportamento ondivago denotante scarsa serietà e credibilità. Ingenui! Il punto su cui focalizzare l'attenzione è il tempo. Si deve considerare che il punto 4., l'operazione di ridimensionamento del poliziotto buono, viene effettuata solo dopo qualche giorno. In questo lasso di tempo, la sorgente resta silente lasciando lavorare i propri detrattori. Quando questi giungono all'acme della polemica, schiumanti di rabbia e sdegno, la sorgente fa sapere brevemente che:
1. Le sue parole sono state travisate;
2. Il contesto da cui le sue parole sono state estratte era un altro;
3. E' tutta una macchinazione del nemico nell'ennesimo tentativo di incastrare chi pensa ai veri problemi del paese.
Et voilà! L'urlante sdegno del "nemico" viene disinnescato in un attimo perché tramutato in tanto rumore per nulla. La sorgente ha di fatto usato l'avversario per raggiungere il target polarizzandone le posizioni. I giorni sono trascorsi nel mantra infinito che ripete il nome della sorgente. L'avversario è annichilito perché, correndo dietro alla sorgente, non avrà mai il tempo di proporre qualcosa di proprio. Al target resterà la sensazione di assenza di alternativa.

Infine, non bisogna dimenticare un ulteriore effetto. Se questa tecnica venisse attuata all'interno dello stesso partito o coalizione, l'intervento del poliziotto buono dopo la sparata del poliziotto cattivo, può essere pubblicizzata come "libero e vivace dibattito interno" che poi "nel rispetto delle opinioni di tutti permette di raggiungere sempre una posizione meditata e di buon senso". Che senso di sollievo l'arrivo del poliziotto buono, vero? Ma la trappola è già scattata. La tecnica ha funzionato.