domenica 28 ottobre 2007

Here comes the rain again

Un giorno me ne stavo seduto con le gambe a penzoloni nel vuoto, sul punto più alto dell'isola di Lampedusa. Sotto di me uno strapiombo di roccia che spariva nell'acqua turchese e davanti solo il mare con un tramonto di quelli che sai già che non dimenticherai mai. Ad un tratto ho cominciato a sentire un rumore delicato ma sempre più intenso. Era la pioggia del temporale in arrivo. E' strano perché in città i temporali o ci sono o non ci sono. In mare i temporali arrivano. L'ho aspettato. E con tutto il fascino delle situazioni che cambiano mentre le senti cambiare, mi sono ritrovato per qualche attimo nel privilegio di un triangolo di sole ad osservare il mare bagnato dalla pioggia. Tutto contrastava con tutto: il calore del sole sulla pelle ed il vento freddo del temporale, i gabbiani che cantavano al tramonto e lo scrosciare dell'acqua battente, il mare cristallino ed il mare grigio e torbido. Rimasi lì, fermo a guardare mentre tutto si stava muovendo e tutto stava cambiando. La metà con il sole era bella, potente e prepotente. La metà con la pioggia era cupa, profonda, intima. Parti della stessa cosa. Dopo qualche minuto ero bagnato fradicio eppure non riuscivo ad andarmene. E' stato quel giorno che ho cominciato ad amare la pioggia. Il sole è bello e mi mette di buon umore ma la pioggia mi piace tantissimo. Come suggerisce una meravigliosa fonte d'ispirazione la pioggia stimola più sensi del sole perché la si può annusare, udire ed anche assaggiare. Si può restare nel letto ad ascoltarla oppure ammirarne le delicate ghirlande brillanti che lascia sui vetri o i cerchi perfetti che disegna nelle pozzanghere. Il fatto è che dalla pioggia fuggiamo sempre. Ombrelli, tergicristalli, impermeabili. Si cerca sempre di nasconderla, di eliminarla. Forse anche perché la pioggia spinge a stare un po' di più con sé stessi. Obbliga a guardare dentro anziché fuori. E il suono del silenzio, a volte, può essere assordante.

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