sabato 18 luglio 2009

Tanto non serve a nulla, tanto non cambia nulla

Lettera spedita oggi, 18 Luglio ore 18.15, al Direttore di Repubblica Vittorio Zucconi.

Caro Direttore,
Da circa sei mesi lavoro a Singapore come bioinformatico presso un istituto di ricerca biomedica. Da una settimana sono in Italia per le vacanze estive e questo è il breve racconto di tre (sgradevoli) episodi di cui sono stato testimone:
- Milano, Lunedì 13 Luglio, mattina: siamo in auto io e la mia ragazza e ad un autolavaggio vicino al Parco Nord assistiamo al furto di un borsello ad opera di due ragazzi in macchina. La mia ragazza d'istinto preme sull'acceleratore per raggiungere l'auto in fuga e permettermi di segnare il numero di targa. Dieci minuti dopo siamo dai vigili per denunciare il fatto. Reazioni di stupore seguite da flemma estatica. Per sicurezza andiamo anche all'autolavaggio per cercare la vittima del furto e consegnargli i dati raccolti ma troviamo solo un altro testimone oculare che ci avverte che, "nonostante il vostro sia un atto di grande spessore morale [bla, bla, bla] fare i poliziotti non è il nostro mestiere".
- Brescia, Mercoledì 15 Luglio, pomeriggio: io e mia madre siamo alla stazione ferroviaria in attesa di acquistare due biglietti. Ci saranno circa cinquanta persone in coda e solo due sportelli aperti su sette. L'angolo è abbastanza angusto e fa molto caldo. Dei due addetti agli sportelli uno lavora e l'altro si assenta ogni cinque minuti per non chiari motivi. Dopo un'ora e mezza in fila, mia madre decide di andare a chiedere spiegazioni e l'uomo allo sportello la schernisce con una battuta inutile e volgare. Allora intervengo io in modo più deciso e l'uomo allo sportello perde platealmente le staffe come se il problema fossi io e non il disservizio che tutti stavamo subendo. Silenzio ed imbarazzo tra le persone in coda che preferiscono non incrociare i miei sguardi.
- Verona, Venerdì 17 Luglio, pomeriggio: ho acquistato un biglietto di prima classe sull'Intercity Verona-Lecce delle 13.31. Lo scompartimento è sporchissimo, i tavolini non si estraggono e quelli estraibili sono coperti di gomme da masticare. C'è un forte odore di sigaretta e aloni di sudore sui poggiatesta e sui braccioli. L'aria condizionata non funziona negli scompartimenti perché hanno divelto le manopole della regolazione. Le persone con prenotazione nella carrozza 1 (io per puro caso ero nella 2) hanno la sorpresa di non trovare la carrozza. Chi ha emesso i biglietti ha assegnato posti inesistenti e queste persone, con biglietto e prenotazione pagati, devono spostarsi in continuazione con tutti i bagagli lasciando il posto a chi sale. Il capotreno sostiene che lui non ci può fare nulla, che i biglietti non li emette lui e che, madido di sudore ed orgoglioso, "se tutte le lucine sono verdi vuol dire che l'aria condizionata sta andando". Peccato che nessuno la senta.

Io conosco il mio Paese e la mia attuale permanenza in uno Stato dove tutto funziona molto bene non mi ha fatto dimenticare da dove vengo. L'inefficienza, la prepotenza, il sarcasmo, tutte queste cose non mi sorprendono. L'aspetto però che mi ha fatto male e che non avevo mai considerato prima quando vivevo in Italia sa qual è? L'assenza totale di rabbia. Qui quasi nessuno si arrabbia quando viene maltrattato. Si subisce in silenzio sperando che passi velocemente. Al massimo si brontola un po' ma poi finisce in un attimo. Tutte le volte che fai qualcosa in Italia, tutte le volte che intervieni perché è giusto farlo perché è da persone civili e non da eroi, come un disco rotto ti continuano a ripetere: "tanto non serve a nulla, tanto non cambia nulla". Magari è vero ma se, per esempio mercoledì a Brescia, tutte le cinquanta persone in coda avessero protestato anziché assistere inerti allo spettacolo, forse un ventilatore qualcuno l'avrebbe acceso. Strane sensazioni in questi giorni. E' come se la gente, sommersa dal tutto e dal contrario di tutto, dall'ingiustificabile senza vergogna e dalla giustificazione dell'ingiustificabile, preferisse stordirsi di parole piuttosto che reagire. Ascolta e ripete ciò che sente ma non cerca soluzioni. Vivaci discussioni sull'utile, sul futile, sul politico e sul criminale ma parlare non è risolvere. E piano piano la sensazione che il meccanismo si stia fermando. "Tanto non serve a nulla, tanto non cambia nulla". E la rassegnazione a chi serve? Sicuramente non alle vittime. Ai carnefici, invece, è utilissima. Ma la rabbia non c'è più in questo Paese e con la rabbia temo sia svanita anche la speranza.

Un caro saluto.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Risposta, del vecchio barbagianni?
G.

otty ha detto...

Non ancora. Ma dal suo blog su Repubblica leggo anche che è in vacanza...uhm. Spediamo anche al Corriere? Ma si dai, spediamo spediamo. Risponderanno? Boh. Ma è così importante? No. Quindi? Spediamo spediamo.

Anonimo ha detto...

Vedi?
Vedi??

Ti lamenti, fai due strilli e poi pure tu ti rassegni...
:)

G.

otty ha detto...

Mica mi rassegno. Giammai! Infatti spedisco.