giovedì 29 novembre 2007

Appunti psicoacustici #1

Cosa: Sparks, Royksopp
Dove: Milano, Corso Buenos Aires, uscita metropolitana P.ta Venezia, marciapiede destro
Quando: Sabato, ore 17.04, Novembre
Note: Cielo azzurro scuro, nuvole accese di rosa intenso, freddo pungente sul dorso delle mani, piccole folle ai semafori si muovono insieme, ragazzi camminano abbracciati

sabato 24 novembre 2007

I ciechi

Nota: in questo post non verrà mai usata la parola 'non-vedente'. Provate a chiamare una persona di colore 'non-bianco'...

Mi assegnarono ad un'associazione ciechi di Brescia. Il mio anno di servizio civile poteva così cominciare nella fulgida gloria della mia generosità. Il giovane teorico della solidarietà arrivò all'associazione una mattina che prometteva pioggia. Appena entrato vide persone che strisciavano lungo i muri palpando ogni interruttore, stipite o crepa come lucertole curiose. Una donna aveva il rossetto fuori dal contorno delle labbra e baffi di eye liner fino all'attaccatura dei capelli. Un uomo usciva dal bagno con una chiazza di urina rinsecchita sul davanti. Nei corridoi in penombra i bastoni bianchi, come antenne d'insetti, toccavano tutto ticchettando come contatori geiger. E la penombra. Le stanze avevano le tapparelle abbassate e chi stava dentro non accendeva mai la luce. Il mondo luminoso del giovane teorico della solidarietà era troppo piccolo per contenere anche questo mondo. I primi contatti sociali, imbarazzanti. Il giovane teorico della solidarietà salutava dicendo 'arrivederci'. Iniziava i discorsi con 'visto che bella giornata?'. Concludeva i discorsi con un bel 'vedremo'. Dopo una settimana lo coglieva il terrore ogni volta che un cieco gli rivolgeva la parola. Pensava tre volte prima di parlare, cercando di eliminare ogni riferimento alla luce, all'occhio, al vedere, con il risultato di rispondere sempre fuori tempo massimo. Il suo lessico si era ridotto a monosillabi e misteriosi suoni gutturali. Praticamente, una scimmia antropomorfa. Dopo due settimane il giovane teorico della solidarietà aveva una sola certezza: i ciechi gli stavano proprio antipatici. E lui lì dentro non ci voleva stare. Non era il posto giusto dove far brillare la sua incompresa generosità. La sua mansione era quella di riavvolgere i nastri delle cassette. Per chi non lo sapesse, il sistema Braille è tremendamente inefficiente perchè, per dare la possibilità al tatto di svolgere il ruolo della vista, fa diventare il verbale di una riunione condominiale grande quanto l'Enciclopedia Britannica. Per questo all'associazione i libri venivano letti da attori e registrati su cassetta. I ciechi si portavano a casa scatole nere piene di cassette e poi, una volta ascoltate, le rispedivano. Io dovevo riceverle, controllarle, sostituirle, riavvolgerle, catalogarle ed archiviarle. Una sera il giovane teorico della solidarietà accompagnò a casa Paolo, un giovane barbuto e loquace che rifiutava di usare il bastone. Andava in giro con le braccia distese davanti a sè a formare un angolo di 90 gradi con il corpo. A vederlo sembrava un sonnambulo. E cadeva. Se non cadeva, sbatteva. Ogni giorno aveva un livido o un graffio nuovo. Una volta mi raccontò di essere andato a Milano in piazza Duomo ed essere rovinosamente caduto sulle scale del sagrato. La scena era surrreale: mistica da lontanto e blasfema da vicino. Lui, povero cieco agli occhi dei più, stava lungo disteso al cospetto delle Sante Porte, ma anziché chiedere il miracolo bestemmiava come un camionista siberiano perché si era fatto un male cane. Paolo indossava camicie da taglialegna - era il suo trucco per non far vedere le macchie - ed era diplomato al conservatorio. Nella sua casa senza quadri e senza lampadine, passammo tutta la sera a parlare di Keith Jarrett e bere Beck's. Poi mi fece provare il suo pianoforte. Io schiacciai i tasti. Lui suonò.
Il giorno dopo in associazione, i ciechi mi sembravano un po' meno ciechi e un po' più persone. Con tutto quello che ne consegue. Ad esempio notai che se uno è cieco non è per questo necessariamente simpatico. Proprio come tra i vedenti, ci sono persone interessanti e meno interessanti. Sensibili e meno sensibili. Gentili e... rompipalle allucinanti. Insomma, come diceva Paolo, la commiserazione è davvero una pessima consigliera e il farsi commiserare è davvero una pessima idea. L'attenzione cominciava a spostarsi dalle categorie alle relazioni. E il giovane teorico della solidarietà, trasformato in scimmia antropomorfa dal letale virus del politicamente corretto, d'un tratto mi lasciò in pace. I miei verbi, i miei aggettivi, i miei modi di salutare tornarono quelli del vedente. Avevo smesso di ragionare da non-cieco. Cominciai semplicemente a parlare con tutti di tutto.
Un giorno l'associazione riuscì a finanziare l'acquisto di un furgone. Era stato recuperato da uno sfasciacarrozze ed aveva un'intrigante particolarità: era un vecchio furgone della Polizia. Avevano solo cancellato la scritta ma, con il suo azzurro-tristezza e il fascione bianco centrale, faceva ancora la sua bella figura. Dovevano ancora sistemarlo ma... avere un furgone della Polizia in bella mostra nel cortile... senza nessuno intorno... con le chiavi a disposizione nell'ufficio della segreteria... Bastò uno sguardo. Durante una pausa pranzo, io ed altri tre obiettori chiedemmo ai ragazzi chi volesse farsi un giro sul furgone della Polizia. Fu un plebiscito. Li caricammo tutti e partimmo per una Brescia assolata ed eccitante. L'aspetto che avevamo era molto particolare: indossavamo tutti gli occhiali da sole e facevamo un gran casino lì dentro. Potevamo essere giovani poliziotti impazziti in borghese o ladri del furgone della Polizia e, per questo, ugualmente pazzi. Ad uno dei ragazzi venne l'idea della volgarità in sharing: appena vedevamo una ragazza per strada dovevamo descrivergliela velocemente e lui, sporgendosi dal finestrino, le esternava con dovizia di particolari tutte le sue più intime fantasie urlando come un ossesso. Per profondità del dettaglio e rapidità creativa era davvero un genio. L'unico problema era che tendeva ad essere un po' lungo e spesso si ritrovava a proporre incontri orgiastici a centraline telefoniche, alberelli e cartelloni pubblicitari. Nel mitico furgone si era ormai perso il controllo, quando ad un semaforo si fermò accanto a noi una macchina nera con alla guida Evaristo Beccalossi. Appena avvisati, tutti i ragazzi misero la testa fuori e cominciarono ad urlare "il Beccaaaaa!!!". Beccalossi vide questa distesa di occhi che guardavano ovunque tranne che dalla sua parte, sollevò un sopracciglio, poi una mano e poi sparì all'orizzonte lasciandosi alla spalle un indimenticabile "il Beccaaaaa!!!". Tornammo all'associazione che ancora non era arrivato nessuno. Ovviamente non poteva finire tutto così ed organizzammo nella stanza del pianoforte un'improbabile partita di calcio. La palla erano decine di fogli A4 tenuti insieme da nastro isolante e le squadre erano miste. Non ho mai preso tanti calci in vita mia. Appena arrivava il segnale di avvicinamento palla i ragazzi cominciavano a piantare dei calci volanti degni di karateka tarantolati. Tibie, malleoli, ginocchi, nulla veniva risparmiato. Alla fine, sudati da buttare e pieni di lividi tornammo al piano di sopra, mangiammo lasagne comprate in una rosticceria lì vicino e bevemmo dello spumante di infima categoria per festeggiare l'assenza di caduti. Sfiniti e appagati. Non avevo mai visto quei ragazzi ridere così.
Passarono i mesi e di cose ne accaddero tante. Avevo cominciato con un'idea astratta di solidarietà e avevo finito con un'idea molto pratica di utilità. Dopo tanti mesi avevo capito che non esiste una sola ragione al mondo per negare il divertimento ad una persona. E se ridi le cose vanno meglio. Arrivò anche l'ultimo giorno all'associazione e questo, inaspettatamente, fu per me il peggiore.

mercoledì 14 novembre 2007

Fade out

Vivere è il mio viaggio
e scelgo il posto vicino al finestrino.
Guardare, vedere,
sentire e custodire.
Evitare di soffrire è soffrire.
Evitare di partire è rinunciare.
Ma la paura è solo un mostro
che spaventa e non uccide.
E il domani,
il ciò che è stato,
il ciò che era e non sarà mai più
sono giochi del custode quando arriva l'imbrunire.
C'è ancora il tempo per godere
di tutta questa vita.
C'è ancora il tempo per amare
questo bello sguardo che mi guarda il cuore.
E io non voglio più fuggire lontano dal sentire.
Perché la vita dev'essere vissuta
prima di doverla restituire.
Scelgo il posto vicino al finestrino,
perché vivere è il mio viaggio.
Perché vivere è la ricompensa.

domenica 4 novembre 2007

Il contatto

Calore che attraversa le membrane.
Mi ha toccato dove non sapevo di esistere.
Mi ha portato dove non sapevo di essere.
Ti pare poco un solo attimo di vita?
Ti pare poco il più piccolo tra i baci?
E' semplice se non lo giudichi.
E' delicato se resti ad ascoltare.
Le parole sono fatte di voce
che arriva dopo ciò che è già arrivato.
La chimica è il sentire.
La poesia l'assaporare.
E l'ala di farfalla è polvere di cielo
che regala il bello a ciò che ama.
In questo bel giorno che si muove e mi commuove,
questo è tutto ciò che voglio.
Questo è tutto ciò che ho.

giovedì 1 novembre 2007

L'audacia

L'audacia è per pochi.
E' di chi mette il cuore bene in vista.
E' di chi la paura non ha reso prigioniero.
E' di chi sente e non vuol smettere di sentire.
L'audacia è la dolcezza dell'adesso
e di questa notte che sa di buono.